venerdì 15 luglio 2016

LA GUERRA DI CIVILTA' C'E' E LA STIAMO PERDENDO NEL MODO PIU' STUPIDO




Se c’è una cosa che accomuna tutte le forme di terrorismo è la scelta di obiettivi altamente simbolici. Questa volta il terrorismo islamista ha colpito non tanto un luogo simbolico, come nelle precedenti occasioni, ma ha sviluppato la sua barbara ferocia in una data altamente significativa. Il 14 luglio non è solo la festa dei francesi. Il 14 luglio è la festa di tutti gli uomini che riconoscono nella libertà, nell’uguaglianza e nella fraternità i valori fondamentali. Il 14 luglio è la festa della civiltà occidentale, nelle sue migliori espressioni. Solo i ciechi possono ancora ostinarsi a non vedere la realtà: abbiamo un nemico ferocissimo e irriducibile che ha dichiarato guerra alla nostra civiltà. Nel mondo, anche se noi non vogliamo saperlo, è in atto quindi un immane scontro di civiltà. Siamo in mezzo a una guerra civile planetaria. Si è attuato nella sua peggiore versione, lo scenario disegnato nel più importante libro di geopolitica apparso negli ultimi trent’anni, un testo e un autore stupidamente dileggiati dal pensiero progressista. Si tratta di Samuel P. Huntington e del suo Clash of civilitation. La terribile notizia, tuttavia, non è solo che questa guerra di civiltà c’è, ma è che noi la stiamo indiscutibilmente perdendo. E la stiamo perdendo non già sul terreno dell’intelligence – per un attentato compiuto ve ne sono altri mille sventati – né sul terreno militare – dove, invece, finalmente si ottiene qualche risultato in Siria, in Libia e in Iraq. La stiamo perdendo sul terreno sul quale si perdono o si vincono le guerre di questo tipo, le guerre religiose e ideologiche. La stiamo perdendo sul terreno culturale. La stiamo perdendo, innanzitutto, perché neghiamo che la guerra ci sia. In secondo luogo perché ci rifiutiamo di riconoscere il nemico. Le espressioni di questa rimozione arrivano spesso a livelli caricaturali e grotteschi e, visto che l’argomento è così serio e grave, incominciamo a citare proprio questi esempi, che almeno ci fanno pure ridere, anche se amaramente. Il primo tweet della Boldrini esprimeva “orrore e sgomento” per il “feroce fanatismo”. .. niente, la parola islam proprio non riesce a pronunciarla. Ma il primo premio della stupida reticenza stavolta non spetta a lei, ma a Gad Lerner che a sua volta era sgomento per come “un tir suicida” potesse abbattersi sul “nostro formicaio umano”. Un tir senza guidatore, ovviamente. Lo smascheramento delle solite bugie mediatiche stavolta è stato anche più rapido: almeno non si è parlato di un cittadino francese, ma fin dall’inizio di un “franco tunisino”, un francese di origini tunisine. Sicché un esponente del PD ha potuto rispondere sdegnato a un leghista che tirava in ballo le minacce di una immigrazione incontrollata: “Ma quale immigrazione! L’immigrazione non c’entra nulla: era un cittadino francese”. Peccato che si sia subito saputo che l’attentatore era un tunisino che viveva in Francia, ma non aveva la cittadinanza francese. Dunque, tecnicamente, un immigrato.
Boutade a parte, resta il problema gravissimo del nostro deficit culturale: all’ideologia, certamente bugiarda e mistificante, oltre che criminale, degli islamisti, che è però una ideologia vincente, opponiamo una nostra ideologia altrettanto bugiarda e mistificante e indirettamente criminale, ma perdente. L’ideologia del politicamente corretto, che si esprime in particolare in una sorta di razzismo alla rovescia. Un fenomeno che definirei “post-razzismo”.
E’ ben esemplificato dall’arguto schema qui riprodotto. E’ uno schema polivalente, polifunzionale. Alla parola nero infatti si può anche sostituire la parola islamico o la parola palestinese o la parola non-occidentale. E alla parola bianco si può sostituire la parola non-islamico, la parola israeliano, la parola occidentale. Funziona ugualmente bene.
 Un esempio di postrazzismo, nelle ultime settimane, è dato dal desolante confronto fra le reazioni all’attentato di Dacca, nel quale nove nostri connazionali sono stati torturati e poi sgozzati, e l’episodio di Fermo con la morte del nigeriano. I funerali dei nove italiani trucidati dagli islamisti si sono svolti nel silenzio, nell’assenza di qualsiasi rappresentante istituzionale e in una diffusa e sconcertante indifferenza. Ben diversa la reazione istituzionale e collettiva alla morte del nigeriano. Ho già espresso in altra sede il dolore quasi rabbioso che è giusto provare di fronte al fatto che la sciagura si è abbattuta su un uomo fuggito dalla persecuzione di Boko Haram e che aveva perso i familiari ad opera degli islamisti e una figlia nella traversata per giungere in Italia. Un vero profugo, tra l’altro, che aveva tutto il diritto di vivere nel nostro paese. Questo, però, non può doveva portare a una così vergognosa manipolazione dei fatti. Certamente tutto è partito da una battuta, da un insulto razzista del Mancini, indirizzata alla compagna del nigeriano. Questo, però, è l’unico elemento veritiero nella vulgata ufficiale che si è affermata e che ha portato alla generale indignazione, a una mobilitazione contro il razzismo, a marce di centri sociali, a interventi di un ministro e della solita presidente della Camera ai funerali. In stridente contrasto con quanto era accaduto o meglio con quanto non era accaduto pochissimi giorni prima per gli italiani uccisi a Dacca. Il caso è davvero una emblematica espressione dell’ideologia che ho definito post-razzista. Senza attendere perizie e testimonianze, si è subito sbattuto in prima pagina il mostro: il povero nigeriano era stato ucciso a botte e forse anche con l’ausilio di un palo della luce da un italiano fascista, razzista e xenofobo. Nei confronti del Mancini c’è stato un linciaggio morale e mediatico che dovrebbe essere definito questo sì, schiettamente razzista. Poi, si è saputo delle testimonianze di almeno quattro persone, dei risultati delle perizie, della stessa compagna del nigeriano che ha ritrattato la sua precedente versione e ora rischia una incriminazione per calunnia. Alla battuta-insulto del Mancini, che tra l’altro non è affatto fascista e anni fa si definiva comunista, il nigeriano e la compagna si sono avventati su di lui, il nigeriano lo ha anche colpito con un palo della luce, il Mancini si è difeso e ha colpito con un pugno il nigeriano che, cadendo, ha sbattuto violentemente la testa sul marciapiede e questo impatto ne ha causato il decesso. E’ solo un caso, un disgraziatissimo caso, che il nigeriano sia morto e anche l’accusa di omicidio preterintenzionale nei confronti del Mancini dovrebbe trasformarsi  in quella di eccesso di legittima difesa. E’ pure un caso che sia morto il nigeriano e non l’italiano. Il razzismo sta dunque solo nella battuta iniziale e in null’altro. Eppure, mentre la compagna della vittima ritrattava la sua versione, nulla hanno ritrattato le boldrini, le boschi, i dementi dei centri sociali e tanti giornalisti, che avevano intonato il coro e creato il mostro. Anzi, l’unico giornale che ha dato risalto alla ritrattazione della nigeriana è stato “Il Giornale” di Sallusti…Mentre molti commentavano più o meno che il Mancini con quell’insulto in fondo se l’era cercata… Orribile. Intanto, le nove vittime di Dacca continuavano e continuano a giacere dimenticate. In fondo se la sono cercata anche loro: come gli è venuto di andare ad aprire attività imprenditoriali in un paese islamico? Non solo non erano neri, arabi, omosessuali, ma non erano nemmeno studenti dell’Erasmus…
Non si deve sottovalutare il fenomeno del razzismo al contrario, del postrazzismo: esso è una straordinaria arma che l’occidente offre stupidamente ai suoi nemici, enfatizzando sempre e solo le proprie presunte colpe e responsabilità e mai le loro. Un’arma che, oltretutto, finisce per neutralizzare le labili e molto eventuali velleità di emersione del cosiddetto islam moderato: perché mai dovrebbero condannare i loro “confratelli che sbagliano”, se gli occidentali sono i primi a giustificarli e a confessare tutti i misfatti che la propaganda islamista attribuisce loro e persino qualcuno di più?
Non sarà facile sradicare l’ideologia postrazzista che sta conducendo l’occidente alla catastrofe. Come ogni ideologia è un complesso di luoghi comuni e di idee elementari, ma ben strutturati e di facile presa. Come ogni ideologia, non teme la smentita dei fatti, perché i fatti, come abbiamo visto, li manipola o li ignora. E dimentica le scemenze dette in precedenza, sostituendole prontamente con altre, salvo poi recuperare alla prima occasione utile le scemenze di prima. Un esempio tratto da quest’ultimo tragico episodio: ricordate la reazione elusiva alla strage di Orlando? La colpa mica è dell’islam, notoria religione di pace, la colpa è delle troppe armi in circolazione in America! Questo hanno sostenuto molti, capeggiati dalla sciagura che risponde al nome di Barack Obama. Ebbene, seguendo la stessa logica, ora, per l’attentato di Nizza, si dovrebbe dare la colpa alla libera vendita e al libero noleggio dei camion: altro che islam, la verità è che in Francia circolano troppi camion! Ovviamente nessuno pare arrivi a a questo (non si sa mai, però…): la scemenza precedente è stata subito sepolta, ma si può star certi che sarà riesumata molto presto.
Certo, l’ideologia islamista funziona allo stesso modo: è un’insieme ben strutturato di semplici idee e luoghi comuni, manipola e falsifica la realtà, ecc. Con la differenza che la loro ideologia vince, mentre quella dei radical-chic, progressisti, politicamente corretti, anche nella variante italica del grillismo, purtroppo perde. E io, ma, come noto per fortuna nei social network, non solo io, di precipitare nel baratro con questi idioti, per colpa di questi idioti non ho proprio nessuna voglia. Mi aspetto, ci aspettiamo una reazione. Mi aspetto, ci aspettiamo che l’Occidente recuperi la sua anima, intorpidita e inebetita. Che difenda i valori del 14 luglio, ad ogni costo, a qualsiasi prezzo. Che si accorga che il nemico che appare tanto potente, che troneggia tetro e opprimente come una fortezza inespugnabile, può essere abbattuto se solo lo si individua come nemico, se lo si combatte con fermezza, animati dal coraggio dei propri principi, finché non ne resterà che una memoria sbiadita. Come accadde della Bastiglia.

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