Dieci
anni fa, il 15 settembre 2006, moriva Oriana Fallaci. Da dieci anni siamo più
soli, nella rabbia, nell’orgoglio, nella forza della ragione e soprattutto
nella passione per la verità. Negli ultimi tempi, tante volte sono stati citati
brani dei suoi libri. Ne scelgo anche io uno, uno che non ho mai visto citato
(magari mi sarà sfuggito) ma che credo sia il più importante, sia quello
decisivo per capire il problema culturale che affligge l’occidente di fronte
all’islam. E’ tratto da La forza della
Ragione, una sorta di post-scriptum del 2004 al La Rabbia e l’Orgoglio:
«Li
rilessi [alcune sure del Corano pubblicate da Khomeini sul comportamento
sessuale a cui erano tenuti i musulmani] e ci feci una specie di malattia. Perché
ricordai che nel 1979 la Sinistra italiana, anzi europea, si era innamorata di
Khomeini, come ora è innamorata di Bin Laden, di Arafat, di Saddam Hussein, e
mi dissi: Cristo, la sinistra è figlia del laicismo. E’ laica. Possibile che
parli di rivoluzione a proposito di quella iraniana?!? La Sinistra parla di
progresso. Ne ha sempre parlato, da un secolo inneggia al Sol dell’Avvenir.
Possibile che fornichi con l’ideologia più retrograda e più forcaiola di questa
terra?!? La Sinistra è sorta in Occidente. E’ occidentale, appartiene alla civiltà
più evoluta della storia. Possibile che si riconosca in un mondo nel quale
bisogna spiegare che sposar la mamma è peccato e raccomandare di non mangiare l’amante
se l’amante è una pecora?!? Possibile che inneggi a un mondo nel quale una
bambina può esser vedova o venir ripudiata a nove anni anzi prima di avere nove
anni?!? Me ne feci una specie di malattia, sì. Anzi di ossessione. Infatti a
tutti chiedevo: «Tu l’hai capito, Lei lo ha capito, perché la Sinistra sta
dalla parte dell’islam?» E tutti rispondevano:«Chiaro. La Sinistra è terzomondista,
antiamericana, antisionista. L’islam, pure.. Quindi nell’Islam vede ciò che i
brigatisti chiamano il loro naturale alleato» Oppure: «Semplice. Col crollo
dell’Unione Sovietica e il sorgere del capitalismo in Cina, la Sinistra ha
perduto i suoi punti di riferimento. Ergo, si aggrappa all’Islam come a una
ciambella di salvataggio». Oppure: «Ovvio. In Europa, il vero proletariato non
esiste più, ed una sinistra senza proletariato è come un bottegaio senza merce.
Nel proletariato islamico la Sinistra trova la merce che non ha più. Ossia un
futuro serbatoio di voti da intascare».
Ma,
sebbene ogni risposta contenesse un’indiscutibile verità, nessuna teneva conto
dei ragionamenti sui quali le mie domande si basavano. Così continuai a
tormentarmi, a disperarmi, e ciò durò finché m’accorsi che le mie domande erano
sbagliate.
Erano
sbagliate, anzitutto, perché nascevano da un residuo di rispetto per la Sinistra
che avevo conosciuto o credevo di conoscere da bambina. La Sinistra dei miei
nonni, dei miei genitori, dei miei compagni morti, delle mie utopie infantili.
La Sinistra che da mezzo secolo non esiste più. Erano sbagliate, inoltre,
perché nascevano dalla solitudine politica nella quale avevo sempre vissuto e
che invano avevo sperato d’alleggerire cercando di innaffiare il deserto
proprio con chi lo aveva creato. Ma soprattutto erano domande sbagliate perché
erano sbagliati i ragionamenti o meglio i presupposti su cui esse si basavano.
Primo presupposto, che la Sinistra fosse laica. No: pur essendo figlia del
laicismo, peraltro un laicismo partorito dal liberalismo e quindi a lei non
consono, la Sinistra non è laica. Sia che si vesta di nero sia che si vesta di
rosso o di rosa o di verde o di bianco o di arcobaleno, la Sinistra è
confessionale. Ecclesiastica. Lo è in quanto deriva da una ideologia che s’appella
a Verità Assolute. Da una parte il Bene e dall’altra il Male. Da una parte il
Sol dell’Avvenir e dall’altra il buio pesto. Da una parte i suoi fedeli e dall’altra
gli infedeli, anzi i cani-infedeli. La Sinistra è una Chiesa. E non una Chiesa simile
alle Chiese uscite dal cristianesimo quindi in qualche modo aperte al libero
arbitrio, bensì una Chiesa simile all’Islam. Come l’Islam, infatti, si ritiene
baciata da un Dio custode del Bene e della Verità. Come l’Islam non riconosce mai le sue colpe e i suoi errori. Si ritiene
infallibile, non chiede mai scusa. Come l’Islam pretende un mondo a sua
immagine e somiglianza, una società costruita sui versetti del suo profeta Karl
Marx. Come l’Islam schiavizza i suoi stessi fedeli, li intimidisce, li rincretinisce
anche se sono intelligenti. Come l’Islam non accetta che tu la pensi in modo
diverso e se la pensi in modo diverso ti disprezza. Ti denigra, ti processa, ti
punisce, e se il Corano ossia il Partito le ordina di fucilarti ti fucila. Come
l’Islam è illiberale, insomma. Autocratica, totalitaria, anche quando accetta
il gioco della democrazia. […]
Come l’Islam, infine,
la Sinistra è antioccidentale…»
Questo
è il passo che ho scelto perché mi pare che in esso più che in ogni altro
risplenda quel lampo profetico che attraversa gli ultimi tuoi scritti, Oriana.
Oggi
anche io, e siamo in molti, vorrei che tu, Oriana, tornassi a vivere per un
giorno e ci regalassi il conforto e la liberazione di un intervento sulla
situazione attuale. Una situazione che non ti sorprenderebbe affatto, visto che
l’avevi presagita con tanta lucidità. Ma vorrei che tornassi a vivere anche per
un motivo più personale – ed anche in questo desiderio e in questo motivo non
credo peraltro di essere solo: per chiederti scusa.
Certo,
io non mi sono mai unito al coro becero e volgare degli attacchi, degli insulti
nei tuoi confronti. Non ho mai mischiato, per quello che conta, la mia debole e
insignificante voce a quella di chi nei cortei urlava contro di te ed esponeva
cartelli con scritto “le bombe intelligenti sanno riconoscere la Fallaci”; non
l’ho confusa con quella del farabutto che a uno show-comizio di Sabina Guzzanti
che ti stava imitando urlò “che le venga un cancro!” e non l’ho unita a quella
della comica di regime della sinistra che prontamente rispose “le è già venuto!”;
non ho nemmeno applaudito, a differenza di tanti altri, un noto autore di
teatro e premio nobel, che ti dileggiava lì sul palco insieme alla sua compagna,
perché sapevo bene che costui era stato un “ragazzo di Salò” mentre tu, in
quello stesso periodo, facevi la staffetta partigiana. Ma devo riconoscere pure
che se non mi sono unito al linciaggio morale nei tuoi confronti non è stato
certo perché all’epoca fossi d’accordo con te, ma solo perché i linciaggi mi
fanno sempre orrore e perché istintivamente rispetto sempre il coraggio, a chiunque
appartenga.
No,
non ero d’accordo e non capivo e di questo vorrei scusarmi, se potessi ancora
farlo. Non capivo come l’Oriana Fallaci de La
Rabbia e l’Orgoglio fosse quella stessa Oriana Fallaci che avevo conosciuto
nei suoi libri e nelle sue interviste degli anni precedenti. Non capivo che
invece era proprio la stessa che aveva cantato Alekos Panagulis – oltre ad
esserne stata compagna – Alekos, eroe e martire libertario se mai c’è ne è
stato uno – in quell’Un uomo che era
stato sicuramente uno dei miei “libri di formazione”.
Deluso
e indispettito non lessi più nulla di te. E mi sfuggì pure il brano che ho qui
riportato. Se invece lo avessi letto, probabilmente avrei capito fin da allora.
Perché questo brano mi avrebbe ricordato quelli scritti – altri pilastri della
mia formazione – da Giorgio Bocca, quando negli anni Settanta riconosceva nel “manicheismo”
cattocomunista le vere radici culturali del terrorismo rosso.
E
avrei compreso che la battaglia nella quale ti eri lanciata con tanta furiosa
passione era la stessa battaglia che nel mio piccolo combattevo da sempre,
dentro e contro quella Sinistra ipocritamente democratica e progressista, ma sostanzialmente
intollerante e retrograda, ufficialmente laica e realmente bigotta; perché è
vero che nel 2001 o nel 2004 e ancora nel 2006, quando te ne sei andata, e pure
dopo, stavo comunque a Sinistra - non solo idealmente e culturalmente (da
questo punto di vista ci sto pure ora se si parla di quell’altra sinistra di
cui dirò tra poco) ma anche nella effettiva “militanza”; ma era pur sempre da quella
sinistra – non dai fascisti e tantomeno dai democristiani - che prendevo e avevo sempre preso, come è
accaduto anche ad altri, “manganellate” e coltellate a tradimento. Che si
trattasse del “grande partito comunista”, quando ero ancora un ragazzino, quel PCI che non solo non tollerava dissensi al suo interno (e io al suo interno mai ci ero e ci sarei stato), ma neanche ammetteva che qualcosa potesse muoversi al suo esterno e definirsi di sinistra; che
si trattasse, anni dopo, di certi “Verdi” o di neo, di post e di vetero-comunisti; o che
si trattasse, infine, di comunisti “spretati”, ma che hanno portato quella
mentalità del Partito, che tu qui tanto bene tratteggi, nelle loro nuove
organizzazioni di appartenenza (e questi sono forse i peggiori di tutti).
Se
avessi capito prima quello che stavi cercando di dirci, sarei anche arrivato
alle giuste, necessarie e finanche salutari conclusioni: che quelle
manganellate e quelle coltellate alla schiena non erano frutto di errori e
deviazioni della sinistra dalla sua “purezza”, né si potevano semplicemente
ricondurre all’azione di quei lestofanti che bisogna aspettarsi di trovare
anche nelle migliori realtà. No: esse esprimevano ed esprimono invece l’essenza
stessa della sinistra, erano e sono consustanziali – se si può usare un termine
teologico – alla sinistra. Fatta eccezione della sinistra libertaria, della
quale tu stessa hai continuato a far parte, come ne faceva sicuramente parte ed
anzi ne era un emblema il tuo e nostro amato Alekos. Ma tu non parli di quest’altra
sinistra. E in fondo non è strano, perché da vera giornalista descrivevi solo
la realtà che incontravi sulla tua strada, che vedevi con i tuoi occhi, che
ascoltavi con le tue orecchie. E quest’altra sinistra da tempo non la
incontravi, né vedevi, né ascoltavi più, perché era stata massacrata, non dalle
destre ma dai “compagni”, o si era venduta e svenduta o si era semplicemente
stancata di sterili battaglie.
Ed
è paradossale ed è grottesco, che quest’altra sinistra, autenticamente laica e
liberale – la si evoca e la si vorrebbe ora ritrovare nel mondo islamico, nelle
“primavere arabe”, nell’islam cosiddetto “moderato”, dopo averla distrutta ed
estinta in Occidente!
Ma
questo ci vorrebbe la tua penna per dirlo. E quindi mi fermo. E, pensandoci
bene, non ti chiedo più scusa, perché le vere scuse non sono quelle che si
declamano – quella diresti forse tu è solo melassa spesso ipocrita – ma consistono
nel riconoscere laicamente di aver sbagliato.