Ricapitolando, la Raggi
in neanche due mesi ha fatto fuori: due capi gabinetto, un vice-capogabinetto, due
assessori al bilancio, due presidenti dell'Ama, un presidente dell'Atac, cinque
membri del minidirettorio romano e un candidato premier in pectore. Traballano
per motivi diversi un assessore all'ambiente, un assessore all''urbanistica e
un assessore alla cultura. Bisogna dire che il programma di Grillo del
"vaffanculo a tutti" viene attuato con ferrea coerenza. Ma dato che
quei “tutti”, con l'unica eccezione del primo presidente Ama, li avevano scelti
loro, si può concludere che il M5S è il partito dell'"autovaffanculo”.
Capisco che i continui
interventi sulla questione possano alla fine annoiare – sebbene ci pensino gli
stessi 5S a offrirci un colpo di scena al giorno – ma occorre ribadire ancora
una volta di che cosa si tratta: non solo dell’amministrazione capitolina, che
sarebbe di per sé cosa molto importante, ma della verifica di affidabilità di
un movimento politico che ormai, specie se non sarà cambiata la legge
elettorale, è serissimo candidato alla guida del paese.
Lo spettacolo ridicolo
offerto in questi giorni basterebbe a trarre le dovute conclusioni, ma in
verità il problema centrale va al di là di questa cronaca surreale ed è assai
più inquietante. La cronaca spicciola serve però a centrarlo e per questo sarà
il caso di fornire in breve l’ennesimo aggiornamento.
Dunque, di fronte alla
menzogna ormai scoperta sull’indagine a carico della Muraro, martedi sera il
direttorio e Grillo sembravano aver reagito nell’unico modo possibile, decidendo
una di quelle ritirate strategiche che, sebbene siano comunque rovinose e
lascino sul campo tanti morti e feriti, consentono almeno di salvare una parte
delle proprie forze in attesa di riorganizzarle. Via Marra e il capo segreteria,
via anche Muraro e De Dominicis, il non ancora insediato assessore al Bilancio,
“consigliato” dallo studio Sammarco, contiguo a quello di Previti. La Raggi,
dopo aver preso tempo, dopo essersi assicurata la fedeltà della giunta e aver
fatto forse qualche altra, segreta verifica fra i suoi veri referenti e
mandanti, decideva di vedere il bluff, mostrando doti insospettate di
giocatrice di poker. Di fronte a un suo diniego, davvero Grillo sarebbe giunto
a toglierle il simbolo, decretando il fallimento della più importante sfida che
il suo Movimento abbia finora affrontata a poche settimane dall’insediamento
della Giunta? In ogni caso, la Raggi sapeva bene che nessuno poteva
costringerla a dimettersi e neanche imporle di sfiduciare degli assessori o dei
membri dello staff e che il famoso contratto stipulato con la Casaleggio è aria
fritta, buono solo per le speculazioni propagandistiche dei tifosi dell’una o
dell’altra parte. Ha quindi tenuto duro e Grillo e compagni hanno dovuto cedere
loro.
A questo punto si trattava
però di giustificare pubblicamente la linea assunta e qui la Raggi, ma ancor
più i dirigenti 5S, hanno messo in scena una farsa che davvero non ha
precedenti nella pur folkloristica vita politica italiana. Un movimento che è
nato all’insegna di un improbabile rigore calvinista – nei paesi calvinisti ci
si dimette subito dalla vita pubblica per una bugia, a prescindere dal merito
della questione, ma si è poi anche indulgenti con chi ammette le proprie colpe –
si è ridotto a una goffa caricatura della peggiore casistica gesuitica e a
trucchi maldestri da Azzeccagarbugli dei Castelli romani. La Raggi e la Muraro
hanno dichiarato di aver taciuto dell’indagine a carico di quest’ultima, a lei
comunicata ex art. 353 il 18 luglio, perché i giornalisti non facevano la
domanda giusta! La domanda che veniva rivolta, infatti, era “ha ricevuto un
avviso di garanzia?” e la risposta era no, perché la Muraro è stata iscritta
sul registro degli indagati, e lo ha saputo, ma non ha ricevuto (ancora) un
avviso di garanzia!
Ancor peggio, Di Maio
che dovrebbe – o doveva – essere il futuro premier a 5S. Costui ugualmente ha
risposto negativamente alle domande dei giornalisti sulla Muraro, sebbene fosse
stato informato dalla Taverna a sua volta messa al corrente dalla Raggi. Di
Maio si è giustificato dicendo di “non aver capito l’email della Taverna”; poi,
rendendosi forse conto che per uno che si fregia, come da curriculum ufficiale,
del titolo di web master, è piuttosto sconveniente riconoscere di non saper
leggere una mail, si è corretto: aveva “sottovalutato” la email…Quel che è
certo, comunque, è che se Di Maio divenisse veramente premier, oltre che di
qualche "ghost-writer" , figura di staff gia' esistente e ben nota,
avrebbe bisogno anche di un "ghost-reader" che lo aiutasse a capire
le email.
Disgraziatamente, un
giornale ha pubblicato anche i messaggini che si è scambiato con la Taverna (“è
pulito il 353?”. “No, non è pulito?”). Evidentemente, il premier in pectore non
se la cava bene nemmeno con brevissimi e semplicissimi testi alla portata di
qualsiasi adolescente.
La Raggi, poi, il
giorno dopo, ha comunicato le sue risoluzioni non in una conferenza stampa,
come usano fare i primi cittadini dei paesi civili, ma con un videomessaggio.
La Muraro resta al suo posto, in attesa di “vedere le carte” e valutare le
circostanze dell’indagine. Posizione in teoria più che rispettabile, finalmente
affrancata dal furore giustizialista, ma perché non assumerla il 18 luglio e
aspettare di essere smascherati? Purtroppo per lei, 48 ore dopo la coerenza di
questa pur tardiva posizione veniva del tutto distrutta dal caso De Dominicis:
emergeva che l’assessore al bilancio che la sindaca aveva appena scelto (su
consiglio dello studio Sammarco) era indagato per “abuso d’ufficio”. La Raggi
annunciava, quindi, che non si sarebbe
più proceduto alla nomina in quanto De Dominicis non rispondeva ai “requisiti
richiesti dal M5S”! Questi requisiti sembrano allora oscillanti e flessibili ad
personam e il giustizialismo fanatico cacciato dalla porta rientra subito dalla
finestra: nel caso della Muraro non basta un’iscrizione nel registro degli
indagati, sebbene i reati ipotizzati siano ben più seri dell’abuso d’ufficio,
ma occorre “vedere le carte”. Nel caso di De Dominicis, invece, non occorre
aspettare le carte, ma basta l’indagine in corso, sebbene riguardi una
tipologia di reato che coinvolge prima o poi in indagini giudiziarie la
maggioranza delle persone che hanno responsabilità pubbliche.
Sorvoliamo sul cabaret
di Nettuno: piuttosto che “Onestà!”, “Onestà” sarebbe stato il caso di gridare “Omertà!”.
“Omertà”. Chiediamoci, piuttosto, le ragioni di questo trattamento privilegiato
per la Muraro, che ha indotto i 5S a dilapidare agli occhi non degli avversari
politici, ma di moltissimi fra i propri stessi sostenitori, un capitale di
credibilità accumulato per anni e che li ha portati alla soglia del 30% dei
voti. Chiediamoci le ragioni di questa difesa così accanita, ostinata e ottusa
dell’assessore all’ambiente. Chi è la Muraro? Quale ruolo gioca? I miei
precedenti interventi contengono già, per ciò che mi concerne, una risposta e
qui aggiungo solo qualche ulteriore elemento emerso nelle ultime ore e che
conferma il rapporto organico fra la Muraro e Cerroni, il “Supremo”, il ras dei
rifiuti. Chi ha qualche cognizione di ciò che si muove intorno alla questione
rifiuti in una grande città come Roma, può poi capire che cosa significhi
essere organici agli interessi di un Cerroni, quali reti di relazioni e con
quali altri soggetti questo rapporto privilegiato adombri. La magistratura sta
indagando su un incarico di consulenza che la Muraro ha avuto dalla Gesenu, una
società di Perugia di cui è socio lo stesso Cerroni e che è stata commissariata
per mafia (e si tratta proprio della mafia doc, della mafia siciliana). Nel
giugno scorso, la Muraro ha incassato per questa consulenza un assegno di 22'000
euro. Nello stesso periodo, vale appena la pena di ricordarlo, la Muraro era
consulente anche della partecipata pubblica, la Ama: a prescindere dai reati
che saranno o non saranno riscontrati, il problema politico di conflitto di
interessi è enorme.
Il rapporto della Muraro
con Cerroni non si è certo sciolto quando lei è divenuta assessore all’Ambiente,
anzi! Cerroni nei mesi precedenti era stato messo ai margini dal Presidente Ama
Fortini, ma con l’ascesa in Giunta della Muraro, la sua brevissima parabola
discendente si è interrotta: la Muraro ha cominciato ad attaccare Fortini,
costringendolo infine ad abbandonare l’Ama (sostituito da quel Solidoro che poi
si è a sua volta dimesso pochi giorni fa) e soprattutto ha confezionato una
delibera ad hoc in favore di Cerroni, imponendo all’Ama di tornare ad
utilizzare l’impianto di Rocca Cencia, di proprietà del Cerroni, sebbene fosse
sottoposto ad indagine penale.
Ora, torniamo alla
domanda: perché una giunta 5S che dichiara di voler fare pulizia a Roma e
innanzitutto nella questione rifiuti sceglie e poi difende con ostinazione,
coprendola anche con bugie, trucchi da azzeccagarbugli e giustificazioni
ridicole, un personaggio come la Muraro? Non si tratta, ripeto, degli eventuali
reati, ma delle responsabilità politiche, per le quali non occorre affatto
attendere le decisioni della magistratura e nemmeno aspettare di “vedere le
carte”, visto che le carte già note consentono già di farsi un’idea precisa.
Occorrerebbe liberarsi una buona volta dal virus di tangentopoli, che delega
alla magistratura le decisioni politiche, ma i 5S non sono certo i più adatti a
ciò, visto che di quel virus sono una diretta filiazione.
Vi sono due risposte
possibili, una più benevola (ma comunque sufficientemente preoccupante), l’altra
più terrificante. Una prima ipotesi è suggerita dalla Raggi stessa, che in
alcune conversazioni intercettate si dispera per una possibile caduta del suo
assessore, perché è l’unica che sa dove mettere le mani nella questione
rifiuti, e implora il direttorio di trovarle allora un’altra persona capace. La
Raggi, del tutto sprovveduta sul problema rifiuti, si sarebbe allora rivolta
alla persona che ha certamente maturato in 12 anni, non solo e non tanto competenze
professionali, ma adeguate conoscenze dell’ambiente e del sottobosco dei
rifiuti. E sarebbe ora riluttante a rinunciare a tale persona. L’ipotesi
peggiore è che invece la Raggi, come dice un bravo giornalista, abbia stretto
determinate mani in campagna elettorale e che queste mani le abbiano poi “suggerito”
la Muraro. E magari certe mani la Raggi le stringeva già da anni, navigando
nell’ambiente di certi studi legali romani.
E veniamo così al punto
cruciale che nasce da una riflessione su questa vicenda paradigmatica non
condizionata da pregiudizi da “tifosi” e che porta ormai al giudizio di totale
inaffidabilità del M5S come forza di governo. La retorica dell’”uno vale uno”,
il deliberato rifiuto di formare una classe dirigente sulla base di specifiche “competenze”,
l’idea che tutti possano occuparsi di tutto, purché siano “onesti” e “trasparenti”
(come Grillo ama dire: una casalinga sarebbe il miglior assessore al Bilancio o
Ministro dell’economia”!) rende i 5S incapaci di governare alcunché (ed anche
di governare se stessi). Difatti, ogni volta che hanno a che fare con
situazioni complesse sono costretti a ricorrere a professionalità esterne, finendo
per cadere proprio nella rete di quei “poteri forti” contro i quali
intenderebbero lottare. Ed ecco le Muraro. Non hanno poi torto i 5S a sostenere
di essere vittima di tali poteri forti, salvo che sono proprio loro a lasciarsi
infiltrare da questi e non solo per ingenuità e inesperienza – a queste cose ci
potrebbe essere rimedio – ma per le caratteristiche strutturali del movimento.
Così, in questi primi due mesi, la Giunta Raggi non è stata vittima di un
attacco dall’esterno dei poteri forti, ma soltanto dei legami che essa stessa,
consapevolmente o meno, ha stretto con questi poteri. Questi legami, si dirà,
sono sempre esistiti, esistevano anche e soprattutto nelle amministrazioni
precedenti. Certo, ma il M5S è in una situazione ancora peggiore, perché non ha
gli strumenti per controllare i gruppi di affari e ne diviene irrimediabilmente
ostaggio. Gli altri questi strumenti non hanno voluto utilizzarli, ma li
avevano. Emblematico è il caso delle olimpiadi: si rinuncia a priori,
dichiarando incontrollabile ed inevitabilmente esposta a speculazioni e ruberie,
una cosa che invece si dovrebbe gestire, governare e controllare. Come se si
fosse ancora una forza di opposizione e non la forza di governo della città.
Totale inaffidabilità del
M5S come forza di governo: è un giudizio ponderato. Oggi dobbiamo chiederci
come mai un cruciale assessorato viene affidato a un tale personaggio e come
mai questo diventi inamovibile. Domani dovremmo chiederci come mai un cruciale ministero viene affidato alla Muraro di
turno. Oggi restiamo sconcertati perché un assessore al Bilancio viene indotto
a dimettersi dopo neanche due mesi e accusato da chi lo aveva nominato di aver
portato dentro l’amministrazione “una cordata di potere”; dopo di che il nuovo
assessore non ha neanche il tempo di insediarsi perché dopo 48 ore si scopre
che “non ha i requisiti”. Domani rischieremmo di trovarci in situazioni
analoghe con il Ministro dell’Economia.
Oggi ci chiediamo chi sia veramente la Raggi, chi l’ha veramente scelta, a chi
veramente risponde. Domani rischieremmo di rivolgerci le stesse inquietanti
domande a riguardo del Presidente del
Consiglio.
Vi sono però ancora
parecchie persone che accreditano il M5S come (unica) forza politica’”onestà” e
giustificano come peccati di ingenuità e di inesperienza i loro errori. Grande
equivoco che nasce da una concezione piuttosto immatura dell’etica e da una
sconcertante inesperienza della vita reale e dell’uomo reale. Riguardo a questa
inesperienza devo citare di nuovo Pietro Nenni, perché credo che sia sua la
frase che “La Stampa” l’altro giorno ha attribuito a Craxi (che può anche
averla ripetuta, comunque): “Non ho mai conosciuto un moralista onesto”. Chi ha
un minimo di esperienza del mondo conosce già la profonda e amara verità di
questa frase ed è portato a diffidare di chi urla “onestà” nelle pubbliche
piazze, di certe giustizie popolari e di certi integerrimi capipopolo.
Riguardo invece a quell’infantilismo
fanatico che nulla ha a che vedere con un comportamento eticamente responsabile
riporto questo magistrale testo che, per quanto mi riguarda, chiude la
questione dei movimenti e degli esponenti politici che si ergono a fustigatori
di costumi:
“Il fanatico crede di
essere capace di opporsi al potere del male con la purezza della sua volontà e
del suo principio. Ma il fanatismo, dato che per sua natura perde di vista la
totalità del male e si lancia come il toro contro il drappo rosso anziché
contro chi lo sorregge, finisce per fiaccarsi e soccombere. Il fanatico
fallisce il segno. Il suo fanatismo, pur ponendosi al servizio degli alti beni
della verità e della giustizia, si perde prima o poi nell’inessenziale, nelle
piccole cose, e cade nella rete del più astuto avversario”.
L’autore non è un “pennivendolo
di regime” sul libro paga dei “poteri forti”. Proprio no. Il testo è tratto da un
manoscritto che con altri manoscritti doveva andare a costituire una grande
opera intitolata “Etica”. Purtroppo, l’autore non poté mai completare l’opera, perché
fu arrestato dalla Gestapo per cospirazione antinazista, rinchiuso in carcere
per due anni e infine impiccato. Si chiamava Dietrich Bonhoeffer. Ammesso che i
libri o i discorsi possano contribuire a insegnare certe cose, è da lui, non da
Di Battista, che ho cercato e cerco di imparare che cosa significhi onestà, che
cosa sia l’agire etico.
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