giovedì 15 settembre 2016

LETTERA A UNA SCRITTRICE MAI MORTA



Dieci anni fa, il 15 settembre 2006, moriva Oriana Fallaci. Da dieci anni siamo più soli, nella rabbia, nell’orgoglio, nella forza della ragione e soprattutto nella passione per la verità. Negli ultimi tempi, tante volte sono stati citati brani dei suoi libri. Ne scelgo anche io uno, uno che non ho mai visto citato (magari mi sarà sfuggito) ma che credo sia il più importante, sia quello decisivo per capire il problema culturale che affligge l’occidente di fronte all’islam. E’ tratto da La forza della Ragione, una sorta di post-scriptum del 2004 al La Rabbia e l’Orgoglio:

«Li rilessi [alcune sure del Corano pubblicate da Khomeini sul comportamento sessuale a cui erano tenuti i musulmani] e ci feci una specie di malattia. Perché ricordai che nel 1979 la Sinistra italiana, anzi europea, si era innamorata di Khomeini, come ora è innamorata di Bin Laden, di Arafat, di Saddam Hussein, e mi dissi: Cristo, la sinistra è figlia del laicismo. E’ laica. Possibile che parli di rivoluzione a proposito di quella iraniana?!? La Sinistra parla di progresso. Ne ha sempre parlato, da un secolo inneggia al Sol dell’Avvenir. Possibile che fornichi con l’ideologia più retrograda e più forcaiola di questa terra?!? La Sinistra è sorta in Occidente. E’ occidentale, appartiene alla civiltà più evoluta della storia. Possibile che si riconosca in un mondo nel quale bisogna spiegare che sposar la mamma è peccato e raccomandare di non mangiare l’amante se l’amante è una pecora?!? Possibile che inneggi a un mondo nel quale una bambina può esser vedova o venir ripudiata a nove anni anzi prima di avere nove anni?!? Me ne feci una specie di malattia, sì. Anzi di ossessione. Infatti a tutti chiedevo: «Tu l’hai capito, Lei lo ha capito, perché la Sinistra sta dalla parte dell’islam?» E tutti rispondevano:«Chiaro. La Sinistra è terzomondista, antiamericana, antisionista. L’islam, pure.. Quindi nell’Islam vede ciò che i brigatisti chiamano il loro naturale alleato» Oppure: «Semplice. Col crollo dell’Unione Sovietica e il sorgere del capitalismo in Cina, la Sinistra ha perduto i suoi punti di riferimento. Ergo, si aggrappa all’Islam come a una ciambella di salvataggio». Oppure: «Ovvio. In Europa, il vero proletariato non esiste più, ed una sinistra senza proletariato è come un bottegaio senza merce. Nel proletariato islamico la Sinistra trova la merce che non ha più. Ossia un futuro serbatoio di voti da intascare».
Ma, sebbene ogni risposta contenesse un’indiscutibile verità, nessuna teneva conto dei ragionamenti sui quali le mie domande si basavano. Così continuai a tormentarmi, a disperarmi, e ciò durò finché m’accorsi che le mie domande erano sbagliate.
Erano sbagliate, anzitutto, perché nascevano da un residuo di rispetto per la Sinistra che avevo conosciuto o credevo di conoscere da bambina. La Sinistra dei miei nonni, dei miei genitori, dei miei compagni morti, delle mie utopie infantili. La Sinistra che da mezzo secolo non esiste più. Erano sbagliate, inoltre, perché nascevano dalla solitudine politica nella quale avevo sempre vissuto e che invano avevo sperato d’alleggerire cercando di innaffiare il deserto proprio con chi lo aveva creato. Ma soprattutto erano domande sbagliate perché erano sbagliati i ragionamenti o meglio i presupposti su cui esse si basavano. Primo presupposto, che la Sinistra fosse laica. No: pur essendo figlia del laicismo, peraltro un laicismo partorito dal liberalismo e quindi a lei non consono, la Sinistra non è laica. Sia che si vesta di nero sia che si vesta di rosso o di rosa o di verde o di bianco o di arcobaleno, la Sinistra è confessionale. Ecclesiastica. Lo è in quanto deriva da una ideologia che s’appella a Verità Assolute. Da una parte il Bene e dall’altra il Male. Da una parte il Sol dell’Avvenir e dall’altra il buio pesto. Da una parte i suoi fedeli e dall’altra gli infedeli, anzi i cani-infedeli. La Sinistra è una Chiesa. E non una Chiesa simile alle Chiese uscite dal cristianesimo quindi in qualche modo aperte al libero arbitrio, bensì una Chiesa simile all’Islam. Come l’Islam, infatti, si ritiene baciata da un Dio custode del Bene e della Verità. Come l’Islam non riconosce mai le sue colpe e i suoi errori. Si ritiene infallibile, non chiede mai scusa. Come l’Islam pretende un mondo a sua immagine e somiglianza, una società costruita sui versetti del suo profeta Karl Marx. Come l’Islam schiavizza i suoi stessi fedeli, li intimidisce, li rincretinisce anche se sono intelligenti. Come l’Islam non accetta che tu la pensi in modo diverso e se la pensi in modo diverso ti disprezza. Ti denigra, ti processa, ti punisce, e se il Corano ossia il Partito le ordina di fucilarti ti fucila. Come l’Islam è illiberale, insomma. Autocratica, totalitaria, anche quando accetta il gioco della democrazia. […]
Come l’Islam, infine, la Sinistra è antioccidentale…»

Questo è il passo che ho scelto perché mi pare che in esso più che in ogni altro risplenda quel lampo profetico che attraversa gli ultimi tuoi scritti, Oriana.
Oggi anche io, e siamo in molti, vorrei che tu, Oriana, tornassi a vivere per un giorno e ci regalassi il conforto e la liberazione di un intervento sulla situazione attuale. Una situazione che non ti sorprenderebbe affatto, visto che l’avevi presagita con tanta lucidità. Ma vorrei che tornassi a vivere anche per un motivo più personale – ed anche in questo desiderio e in questo motivo non credo peraltro di essere solo: per chiederti scusa.
Certo, io non mi sono mai unito al coro becero e volgare degli attacchi, degli insulti nei tuoi confronti. Non ho mai mischiato, per quello che conta, la mia debole e insignificante voce a quella di chi nei cortei urlava contro di te ed esponeva cartelli con scritto “le bombe intelligenti sanno riconoscere la Fallaci”; non l’ho confusa con quella del farabutto che a uno show-comizio di Sabina Guzzanti che ti stava imitando urlò “che le venga un cancro!” e non l’ho unita a quella della comica di regime della sinistra che prontamente rispose “le è già venuto!”; non ho nemmeno applaudito, a differenza di tanti altri, un noto autore di teatro e premio nobel, che ti dileggiava lì sul palco insieme alla sua compagna, perché sapevo bene che costui era stato un “ragazzo di Salò” mentre tu, in quello stesso periodo, facevi la staffetta partigiana. Ma devo riconoscere pure che se non mi sono unito al linciaggio morale nei tuoi confronti non è stato certo perché all’epoca fossi d’accordo con te, ma solo perché i linciaggi mi fanno sempre orrore e perché istintivamente rispetto sempre il coraggio, a chiunque appartenga.
No, non ero d’accordo e non capivo e di questo vorrei scusarmi, se potessi ancora farlo. Non capivo come l’Oriana Fallaci de La Rabbia e l’Orgoglio fosse quella stessa Oriana Fallaci che avevo conosciuto nei suoi libri e nelle sue interviste degli anni precedenti. Non capivo che invece era proprio la stessa che aveva cantato Alekos Panagulis – oltre ad esserne stata compagna – Alekos, eroe e martire libertario se mai c’è ne è stato uno – in quell’Un uomo che era stato sicuramente uno dei miei “libri di formazione”.
Deluso e indispettito non lessi più nulla di te. E mi sfuggì pure il brano che ho qui riportato. Se invece lo avessi letto, probabilmente avrei capito fin da allora. Perché questo brano mi avrebbe ricordato quelli scritti – altri pilastri della mia formazione – da Giorgio Bocca, quando negli anni Settanta riconosceva nel “manicheismo” cattocomunista le vere radici culturali del terrorismo rosso.
E avrei compreso che la battaglia nella quale ti eri lanciata con tanta furiosa passione era la stessa battaglia che nel mio piccolo combattevo da sempre, dentro e contro quella Sinistra ipocritamente democratica e progressista, ma sostanzialmente intollerante e retrograda, ufficialmente laica e realmente bigotta; perché è vero che nel 2001 o nel 2004 e ancora nel 2006, quando te ne sei andata, e pure dopo, stavo comunque a Sinistra - non solo idealmente e culturalmente (da questo punto di vista ci sto pure ora se si parla di quell’altra sinistra di cui dirò tra poco) ma anche nella effettiva “militanza”; ma era pur sempre da quella sinistra – non dai fascisti e tantomeno dai democristiani -  che prendevo e avevo sempre preso, come è accaduto anche ad altri, “manganellate” e coltellate a tradimento. Che si trattasse del “grande partito comunista”, quando ero ancora un ragazzino, quel PCI che non solo non tollerava dissensi al suo interno (e io al suo interno mai ci ero e ci sarei stato), ma neanche ammetteva che qualcosa potesse muoversi al suo esterno e definirsi di sinistra; che si trattasse, anni dopo, di certi “Verdi” o di neo, di post e di vetero-comunisti; o che si trattasse, infine, di comunisti “spretati”, ma che hanno portato quella mentalità del Partito, che tu qui tanto bene tratteggi, nelle loro nuove organizzazioni di appartenenza (e questi sono forse i peggiori di tutti).
Se avessi capito prima quello che stavi cercando di dirci, sarei anche arrivato alle giuste, necessarie e finanche salutari conclusioni: che quelle manganellate e quelle coltellate alla schiena non erano frutto di errori e deviazioni della sinistra dalla sua “purezza”, né si potevano semplicemente ricondurre all’azione di quei lestofanti che bisogna aspettarsi di trovare anche nelle migliori realtà. No: esse esprimevano ed esprimono invece l’essenza stessa della sinistra, erano e sono consustanziali – se si può usare un termine teologico – alla sinistra. Fatta eccezione della sinistra libertaria, della quale tu stessa hai continuato a far parte, come ne faceva sicuramente parte ed anzi ne era un emblema il tuo e nostro amato Alekos. Ma tu non parli di quest’altra sinistra. E in fondo non è strano, perché da vera giornalista descrivevi solo la realtà che incontravi sulla tua strada, che vedevi con i tuoi occhi, che ascoltavi con le tue orecchie. E quest’altra sinistra da tempo non la incontravi, né vedevi, né ascoltavi più, perché era stata massacrata, non dalle destre ma dai “compagni”, o si era venduta e svenduta o si era semplicemente stancata di sterili battaglie.
Ed è paradossale ed è grottesco, che quest’altra sinistra, autenticamente laica e liberale – la si evoca e la si vorrebbe ora ritrovare nel mondo islamico, nelle “primavere arabe”, nell’islam cosiddetto “moderato”, dopo averla distrutta ed estinta in Occidente!
Ma questo ci vorrebbe la tua penna per dirlo. E quindi mi fermo. E, pensandoci bene, non ti chiedo più scusa, perché le vere scuse non sono quelle che si declamano – quella diresti forse tu è solo melassa spesso ipocrita – ma consistono nel riconoscere laicamente di aver sbagliato.

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