lunedì 5 settembre 2016

L'ASSESSORE DELLA RAGGI CON I PIEDI E LE MANI NEL "MARCIO"



E’ opportuno un aggiornamento all’ultimo post sulle vicende della Giunta Raggi, perché in queste ore emergono fatti importanti che riguardano la signora Muraro, Assessore all’Ambiente, sempre difesa dalla Raggi non meno strenuamente di quanto non abbia difeso Marra.
Ebbene, sebbene la Muraro assicuri di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia, fonti giornalistiche attendibili, serie ed informate hanno accertato che in realtà il provvedimento c’è, anche se i magistrati non hanno ritenuto  necessario e forse neanche opportuno notificarlo (il che è loro facoltà). Addirittura, la Muraro sarebbe indagata da sei mesi. Si conoscono i reati ipotizzati – che sono certamente abuso d’ufficio, traffico illecito di rifiuti e altri reati ambientali, a cui pare si potrebbero aggiungere truffa e falso in atti pubblici – e le circostanze che sono quelle che ora cercherò di riassumere. 
Ricordiamo, anzitutto, che la Muraro,  aveva avuto affidata dall’Ama, la municipalizzata che gestisce i rifiuti, la responsabilità dei controlli su qualità e quantità dei rifiuti prodotti e smaltiti e sulla tenuta degli impianti. A tal proposito, sono state accertate anomalie nella compilazione dei formulari di identificazione dei rifiuti e l’ipotesi dei magistrati è che sia stata alterata la certificazione sulla composizione e la quantità dei materiali conferiti agli impianti. Grazie a questi dati falsi sarebbe stato certificato il pieno utilizzo degli impianti Ama, mentre invece essi avrebbero funzionato solo al 45% delle loro possibilità. Perché questo? Per dirottare i materiali di scarto nelle strutture di Manlio Cerroni, il novantenne ras delle discariche, che ha da almeno trent’anni il monopolio del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti. Il danno per la collettività sarebbe duplice: economico, perché l’Ama ha pagato Cerroni mentre poteva utilizzare i proprio impianti; ambientale, perché una parte almeno dei rifiuti finiti nella discarica di Malagrotta di Cerroni potevano invece essere sottoposti a “trattamento biologico”, ossia riciclati. I formulari che la Muraro doveva controllare, dichiaravano però, che gli impianti di trattamento biologico dell’Ama erano già saturi, mentre non erano utilizzati neanche al 50% delle loro potenzialità.
Vale la pena qui di ricordare le iniziative di protesta del M5S, quando era all’opposizione, contro Cerroni e la discarica di Malagrotta per capire quale insostenibile contraddizione sia aver scelto e difendere ancora un assessore come la Muraro, se pure si volesse considerare quella di cui sopra un’accusa ancora da verificare.
Gli impianti di trattamento biologico realizzati per l’Ama sono stati quindi sottoutilizzati, ma, d’altra parte, hanno fatto registrare anche guasti e anomalie tecniche che non sono stati segnalati dalla Muraro o ai quali, comunque, non si è posto rimedio (la struttura di Rocca Cencia, ad esempio, è stata spesso bloccata da guasti), sicché il loro rendimento è comunque rimasto inferiore agli impianti gestiti invece da Cerroni. Anche in questo caso, il risultato è stato vantaggioso per Cerroni e penalizzante per l’Ama e quindi per i cittadini romani. E’ evidente che se pure non fossero alla fine accertate delle responsabilità penali, resterebbe la realtà di un consulente che, per insipienza, per distrazione o per connivenza ha contribuito a danneggiare l’Ama e la collettività. Il problema è che questo consulente è ora l’assessore all’Ambiente a cui il M5S ha affidato il risanamento della cancrenosa situazione dei rifiuti… C’è infine il rapporto della Muraro – in odore di conflitto di interessi e di danno anche in questo caso per la collettività– con la ditta Bioman di Pordenone, su cui ho già scritto nel precedente intervento.
Oltre a tali questioni giudiziarie, sono ora emersi anche i retroscena delle dimissioni dell’assessore al Bilancio Minenna e del neopresidente dell’Ama – nominato ai primi di agosto e legato allo stesso Minenna – Alessandro Solidoro. Nei giorni scorsi, precisamente in una riunione del 26 agosto, la Muraro è intervenuta pesantemente all’interno dell’Ama. Per fare pulizia, come dice lei? Non esattamente. Sono state rimosse alcune persone di spicco. Il caso più significativo è quello di Saverio Lopes, il direttore delle risorse umane, 41 anni. Lopes nei mesi scorsi è stato protagonista di battaglie contro l’assenteismo, contro i brogli nelle deleghe sindacali e contro una gestione consociativa dell’azienda da parte di alcune forze sindacali. Le sue iniziative hanno colpito, in particolare, il potente capo della Cisl all’interno dell’Ama e ras delle tessere (e dei voti) Alessandro Bonfigli. Bonfigli era stato anche estromesso dalla Cisl, ma è stato poi reintegrato proprio in coincidenza della vittoria della Raggi alle elezioni. Lopes ha colpito con Bonfigli anche un sindacato di base e il network dell’ex sindaco Alemanno (favorendo il licenziamento di 41 addetti coinvolti in “parentopoli”). Mentre la Muraro procedeva all’epurazione all’interno dell’Ama, partiva la richiesta della Raggi all’Anac contro il suo stesso capo di gabinetto Raineri. L’una e l’altra iniziativa miravano evidentemente a colpire la rete che fa capo all’assessore al Bilancio Minenna, che difatti si dimetteva, mentre il presidente dell’Ama si rifiutava di firmare l’ordine di servizio contro Lopes e poi si dimetteva anche lui.
Il quadro è sufficientemente chiaro, a questo punto, per dire almeno che la Muraro, lungi dal combattere una battaglia per ripulire l’Ama dal “marcio” – secondo l’espressione da lei usata – e risanare la gestione dei rifiuti e la relativa azienda, da persona ben radicata nei giochi di potere interni all’Ama – un formidabile veicolo di denaro e  un grande bacino di voti – è entrata con tutti e due i piedi in questo marcio, è intervenuta con la forza che le dà la sua nuova carica in questi giochi di potere, per colpire uomini e gruppi avversari ed evidentemente per favorire gli uomini e i gruppi che già da consulente, secondo le risultanze dell’inchiesta della magistratura, avrebbe favorito e a cui è legata. Per cui, se davvero la Muraro volesse dare il suo contributo a eliminare il “marcio” potrebbe fare subito una cosa: dimettersi.
Intanto, Di Battista e Di Maio, nonché la Raggi stessa, continuano a propinarci l’incredibile tesi dell’attacco dei poteri forti di cui sarebbe vittima la Raggi. Dato, però, che le vicende di cui si parla coinvolgono soltanto persone che la Raggi stessa aveva scelto – salvo avere l’incredibile impudenza di parlare delle loro dimissioni come del salutare allontanamento di una “cordata di potere”! – a voler credere a questa versione bisognerebbe concludere che la Raggi e il direttorio sono tanto ingenui o stupidi dall’aver essi stessi aperto le porte dell’amministrazione a questi famigerati poteri forti, nelle persone di Minenna e compagni!
In realtà, resta aperta una domanda sulla Raggi: è davvero soltanto la “bambolina imbambolata” della nota battuta di Vincenzo De Luca o è, invece, una persona ben introdotta, grazie alla sua attività professionale e alle sue amicizie politiche (negli ambienti della destra romana), nelle lotte di potere che hanno devastato per anni la capitale e che non sembrano affatto cessate? La sua scelta di personaggi come la stessa Muraro e Raggi (collaboratore di Alemanno in passato), e la loro difesa a spada tratta (persino contro i diktat di Grillo), gli stessi consensi riscossi nelle periferie dove la destra è più radicata, farebbero propendere ormai per la seconda ipotesi. In ogni caso, è difficile dire tra le due possibilità quale sia la peggiore e la più devastante per il M5S e per la sua credibilità.

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