“Quasi incoscientemente
egli scrisse con le dita sulla polvere del tavolo: 2+2 = 5”. Qualcuno forse riconoscerà la citazione: è tratta
da “1984” di George Orwell ed è l’apice drammatico della vicenda, quando il
protagonista Winston Smith sta per arrendersi definitivamente al
condizionamento totalitario e incomincia
a ripetere gli slogan del regime del Grande Fratello, come non fosse più
padrone della propria volontà e della propria intelligenza. Sono le frasi che
ostentano la più sfacciata manipolazione della realtà: “2+2 fa 5”, “la libertà
è schiavitù”, “la guerra è pace”. Perché
questa memoria letteraria? Perché da un paio di giorni mi pare che siamo
entrati tutti quanti nelle pagine della grande opera di Orwell. Tuttavia, dato
che non amo ancora il Grande Fratello, ho deciso di parlare.
Che cosa è realmente accaduto
venerdi sera a Monaco di Baviera? Secondo la ricostruzione ufficiale tutto è
ormai molto chiaro ed è anche tragicamente banale: un ragazzino psicolabile,
per vendicarsi dei maltrattamenti bullistici subiti per anni, ha ucciso nove
persone e ne ha ferite un’altra ventina. A me pare, tuttavia, che questa
versione ufficiale equivalga a farci credere che due più due fa cinque…
Partiamo da una semplice
cronologia, secondo i migliori criteri metodologici. Non appena si incomincia a
diffondere la notizia si parla di più uomini che hanno sparato e si sono dati
alla fuga. Non è una chiacchiera da social network: è la polizia stessa che
parla di “almeno tre killer”, precisando che sono armati con “armi lunghe”.
Quasi immediatamente viene diffuso un filmato, dove si vede un uomo, armato di
pistola, che spara sulla gente dinanzi al Mc Donald, o comunque per strada.
Solo successivamente verrà diffuso e rilanciato infinite volte l’altro video,
quello dove il presunto killer sta su un tetto e ha un diverbio con un uomo che
sta sul balcone di un altro edificio. La polizia non si pronuncia sulla matrice
dell’attacco, ma a un certo punto, parla di “grave situazione terroristica”. La
CNN riporta anche la testimonianza di una donna, musulmana, che avrebbe
incrociato il killer all’uscita dei gabinetti, dove sarebbe andato a caricare
la pistola, e lo avrebbe poi visto mentre incominciava a sparare, urlando “Allah
Akbar”.
Poi, a un tratto, la
scena cambia bruscamente: per la polizia l’attentatore diventa uno solo, che si
sarebbe già ucciso: un diciottenne iraniano nato in Germania, con problemi
psichici. Avrebbe agito da solo, per vendicarsi degli episodi di bullismo e
cercando di emulare Breivik. E’ escluso ogni carattere terroristico della sua
azione: il movente è “personale”.
Che cosa non convince?
Innanzitutto, il fatto che la polizia abbia smentito se stessa! E’ intervenuto
qualcosa o qualcuno che l’ha indotta a modificare versione? Ricordiamo,
peraltro, a proposito della affidabilità della la polizia tedesca, che per una
settimana si cercò di occultare il grave episodio di Colonia, dove a Capodanno
decine di donne furono molestate pesantemente da immigrati maghrebini e che,
quando la cosa iniziò a trapelare – per le denunce delle donne stesse – si cercò
di minimizzare e manipolare la realtà dell’accaduto. Solo di recente, le
autorità hanno ammesso ufficialmente che i responsabili delle violenze erano
tutti immigrati nordafricani.
Ma passiamo ai dati di
fatto e ai riscontri oggettivi. Il diciottenne iraniano, Ali Sonboli, ha
compiuto la strage con una pistola Glock 9 mm., con matricola abrasa; nello zaino
aveva circa 300 proiettili. Prime domande: dove e come un diciottenne “tranquillo”,
senza cattive compagnie e tantomeno legami con organizzazioni criminali o
terroristiche, ma in cura psichiatrica, si è potuto procurare un arma di quel
tipo – la matricola abrasa porta ad escludere che l’abbia acquistata in una
armeria - e i 300 proiettili? Dove ha poi imparato a
usarla, visto che a detta degli esperti si tratta di una pistola non facile da
maneggiare e visto che il giovane ha invece mostrato una terribile perizia?
Si è poi venuto a
sapere – ma per la verità la notizia era trapelata subito e stranamente non era
stata adeguatamente apprezzata dai commentatori e dagli analisti, tutti ansiosi
di escludere una matrice islamica dell’attentato - che nelle ore precedenti,
dal profilo Facebook di una certa Selima Akim – il nome non fa pensare a una
neonazista e forse per questo non si è dato peso alla cosa – era partito l’invito
a recarsi al Mc Donald, dove poi sarebbe avvenuta la strage, con la falsa
notizia di una “offerta gratuita di cibo”. Il Ministro degli interni in
persona, il giorno dopo, ha detto che si trattava di una trappola per far
accorrere più gente possibile nel luogo dell’attentato e che il profilo di
questa Selima Akim era stato “hackerato”, “si presume” dallo stesso Ali
Sonboli. Un diciottenne psicolabile che però si rivela non solo esperto
tiratore di rivoltella, ma anche abile pirata informatico…
Ma veniamo ai due
filmati, che sono in palese contraddizione fra loro. Nel primo, quello dove l’attentatore
spara per strada, chi filma mostra una sconcertante freddezza e alla fine, con
voce incredibilmente calma, dice alla gente di scappare. Il filmato, inoltre, è
stato diffuso quasi immediatamente. Chi ha filmato e come mai ha mostrato una
tale tranquillità e tempestività?
Ed eccoci al video più “famoso”,
ed anche molto più equivoco, quello del tetto. Lasciamo perdere lo scambio di
battute, piuttosto delirante; sorvoliamo anche sul fatto che il deficiente sul
balcone, ora assurto a una sorta di eroe, pensava a filmare e a insultare il
presunto killer, invece di usare più utilmente il cellulare per chiamare la
polizia. Soffermiamoci sulle immagini, sui gesti del presunto killer e sul
sonoro al di là dell’alterco fra i due. Intanto, va subito rilevato che l’uomo
sul tetto e quello che spara in strada sono vestiti in modo diverso. In secondo
luogo, se si fa attenzione si vede che verso la fine del “dialogo” si sentono
degli spari (qualcuno li ha identificati come colpi di fucile e non di
rivoltella) e immediatamente le urla della gente e le sirene di polizia o
ambulanze. Ma il killer è ancora sul tetto! Solo una volta fa il gesto di
sparare in basso e poi torna tranquillamente a battibeccare con il deficiente
del balcone! Se 2 più 2 fa 4 e non fa 5, la deduzione è solo una: c’è almeno un’altra
persona che spara, mentre si svolge il surreale dialogo fra tetto e balcone.
Infine, è stata
completamente silenziata la testimonianza, raccolta non da una fonte qualsiasi
ma dalla CNN, della donna musulmana che sostiene di aver sentito il killer che
gridava “Allah Akbar”. Nulla è dato di sapere, infine, sulla appartenenza
religiosa del giovane: è sciita, come fa presumere l’origine iraniana? E se è
sciita, sebbene non praticante, perché non si è usato questo dato decisivo per
escludere radicalmente il coinvolgimento dell’Isis? E perché l’Isis ha cercato
di intestarsi l’attentato di uno sciita? Qualcuno sostiene, non so su quali
basi, che il giovane sarebbe invece turcomanno o siro-iraniano e quindi sunnita.
La cosa non può essere esclusa apriori, perché in Iran esistono varie minoranze
etniche (ci sono anche i curdi, per esempio) e gli iraniani emigrati all’estero
spesso appartengono proprio a queste minoranze. Perché non si fa chiarezza
almeno su questo punto?
Quel che è certo è che
credere alla versione ufficiale significa lasciarsi convincere che 2 più due fa
5. Ed è sconcertante e avvilente che a scrivere quasi inconsapevolmente sulla
terra, come fa Winston Smith la cui mente è ormai asservita al Grande Fratello,
che 2 più 2 fa 5, siano oggi tutti i media e tantissimi cittadini.
Stando agli elementi
oggettivi che abbiamo sommariamente ricordato credere alla versione ufficiale
significa infatti credere a questo, pressappoco:
Un ragazzino
psicolabile progetta per mesi un attentato per vendicarsi degli atti di
bullismo subiti. Si procura una impegnativa pistola e 300 proiettili al mercato
clandestino delle armi. Impara a usarla con destrezza. Diventa anche un abile
hacker. Si reca sul luogo della strage, entra in bagno e carica la pistola.
Esce e comincia a sparare, prendendo di mira soprattutto ragazzini di aspetto
mediorientale o balcanico. Poi si rifugia sul tetto (quando avviene l’alterco
con l’uomo del balcone, la strage doveva infatti essere già iniziata,
altrimenti non si capirebbero la concitazione dei due e il tenore delle loro
battute). Intanto però si è cambiato di abito, o almeno ha indossato o svestito
qualche altro indumento. Mentre racconta all’altro deficiente la storia della
sua vita, avendo evidentemente anche il dono dell’ubiquità si materializza giù
in strada, perché mentre sta ancora sul tetto si sentono contemporaneamente gli
spari, le urla e le sirene! Il suo cadavere è stato poi ritrovato a un
chilometro di distanza e si deve quindi infine presumere che, benché fosse
tenuto d’occhio dall’uomo del balcone e a quanto pare anche da altri “spettatori”,
benché fosse già in atto un parapiglia di polizia e di ambulanze, sia riuscito
ad allontanarsi indisturbato, percorrendo un chilometro. Evidentemente non gli
sembrava elegante suicidarsi sul posto dove aveva compiuto la strage.
E’ avvilente che nessun
organo di informazione abbia rilevato almeno qualcuna di queste clamorose
incongruenze. E’ inquietante il fondato sospetto che le autorità tedesche
stiano occultando qualcosa e manipolando l’accaduto. Perché?
Verrebbe da dire: per
escludere una eventuale matrice islamista del gesto. Troppo semplice, a mio
avviso, e troppo rischioso: la verità verrebbe facilmente a galla. Se fosse
così facile un’operazione di tal genere, certamente le autorità francesi
avrebbero provato a farci credere che l’attentatore di Nizza era solo un
depresso che, imbottito di psicofarmaci, ha perso il controllo del camion,
causando involontariamente una strage…
La parola chiave mi pare, invece, non tanto “islam”,
ma “Turchia”, “turchi”. Il killer del tetto, a un certo punto, inveisce contro
i turchi e secondo qualche ricostruzione il falso annuncio partito dal profilo
di quella tale Selima Akim (a proposito di che nazionalità è? E’ turca?), era
rivolto proprio ad attirare dei turchi nel Mc Donald. Almeno cinque delle nove
vittime, inoltre, erano turche (tre) o potevano essere facilmente scambiate per
turche (un greco, un kosovaro). Un coinvolgimento della comunità turca tedesca
nell’attuale conflitto – in quella che si deve francamente chiamare “guerra
civile planetaria” – sarebbe di una inaudita gravità per il governo della
Merkel. La comunità turca in Germania, come è noto, è estremamente numerosa, è
formata soprattutto da individui e nuclei familiari immigrati già da diverse
generazioni, è generalmente ben integrata e ha abitudini e mentalità del tutto
secolarizzate. Basta fare un giro a Kreuzberg, un importante quartiere di
Berlino quasi interamente abitato da turchi: è molto difficile vedere donne col
velo. In sostanza, la comunità turca tedesca è ancor oggi come era la Turchia
prima di Erdogan. Una radicalizzazione anche solo marginale di questa comunità,
per emulazione o per reazione al radicalismo islamico sunnita o sciita, sarebbe
una catastrofe per la Germania e in particolare per la politica dell’immigrazione
e dell’integrazione della Merkel. Oltre al problema interno, c’è un evidente
problema internazionale, visti i rapporti dell’UE, con in testa il governo
tedesco, con la Turchia di Erdogan, gli accordi sul controllo dell’immigrazione
e i recenti e noti sviluppi del golpe e contro-golpe, con le preoccupanti
ambizioni internazionali che questi sviluppi lasciano intravedere nel “sultano”
di Ankara.
E’ un’ipotesi. Quel che
è certo è che credere alla versione ufficiale è come credere alla cicogna che
porta i bambini. Quel che è probabile è che i turchi e la Turchia abbiano
qualcosa a che vedere con l’operazione di occultamento. Quel che è doveroso,
come sempre, è far funzionare il cervello, per non svegliarsi un giorno
scoprendo di amare il Grande Fratello.
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