domenica 24 luglio 2016

2+2=5: ORWELL A MONACO DI BAVIERA

“Quasi incoscientemente egli scrisse con le dita sulla polvere del tavolo: 2+2 = 5”.  Qualcuno forse riconoscerà la citazione: è tratta da “1984” di George Orwell ed è l’apice drammatico della vicenda, quando il protagonista Winston Smith sta per arrendersi definitivamente al condizionamento totalitario e incomincia  a ripetere gli slogan del regime del Grande Fratello, come non fosse più padrone della propria volontà e della propria intelligenza. Sono le frasi che ostentano la più sfacciata manipolazione della realtà: “2+2 fa 5”, “la libertà è schiavitù”, “la guerra è pace”.  Perché questa memoria letteraria? Perché da un paio di giorni mi pare che siamo entrati tutti quanti nelle pagine della grande opera di Orwell. Tuttavia, dato che non amo ancora il Grande Fratello, ho deciso di parlare.
Che cosa è realmente accaduto venerdi sera a Monaco di Baviera? Secondo la ricostruzione ufficiale tutto è ormai molto chiaro ed è anche tragicamente banale: un ragazzino psicolabile, per vendicarsi dei maltrattamenti bullistici subiti per anni, ha ucciso nove persone e ne ha ferite un’altra ventina. A me pare, tuttavia, che questa versione ufficiale equivalga a farci credere che due più due fa cinque…
Partiamo da una semplice cronologia, secondo i migliori criteri metodologici. Non appena si incomincia a diffondere la notizia si parla di più uomini che hanno sparato e si sono dati alla fuga. Non è una chiacchiera da social network: è la polizia stessa che parla di “almeno tre killer”, precisando che sono armati con “armi lunghe”. Quasi immediatamente viene diffuso un filmato, dove si vede un uomo, armato di pistola, che spara sulla gente dinanzi al Mc Donald, o comunque per strada. Solo successivamente verrà diffuso e rilanciato infinite volte l’altro video, quello dove il presunto killer sta su un tetto e ha un diverbio con un uomo che sta sul balcone di un altro edificio. La polizia non si pronuncia sulla matrice dell’attacco, ma a un certo punto, parla di “grave situazione terroristica”. La CNN riporta anche la testimonianza di una donna, musulmana, che avrebbe incrociato il killer all’uscita dei gabinetti, dove sarebbe andato a caricare la pistola, e lo avrebbe poi visto mentre incominciava a sparare, urlando “Allah Akbar”.
Poi, a un tratto, la scena cambia bruscamente: per la polizia l’attentatore diventa uno solo, che si sarebbe già ucciso: un diciottenne iraniano nato in Germania, con problemi psichici. Avrebbe agito da solo, per vendicarsi degli episodi di bullismo e cercando di emulare Breivik. E’ escluso ogni carattere terroristico della sua azione: il movente è “personale”.
Che cosa non convince? Innanzitutto, il fatto che la polizia abbia smentito se stessa! E’ intervenuto qualcosa o qualcuno che l’ha indotta a modificare versione? Ricordiamo, peraltro, a proposito della affidabilità della la polizia tedesca, che per una settimana si cercò di occultare il grave episodio di Colonia, dove a Capodanno decine di donne furono molestate pesantemente da immigrati maghrebini e che, quando la cosa iniziò a trapelare – per le denunce delle donne stesse – si cercò di minimizzare e manipolare la realtà dell’accaduto. Solo di recente, le autorità hanno ammesso ufficialmente che i responsabili delle violenze erano tutti immigrati nordafricani.
Ma passiamo ai dati di fatto e ai riscontri oggettivi. Il diciottenne iraniano, Ali Sonboli, ha compiuto la strage con una pistola Glock 9 mm., con matricola abrasa; nello zaino aveva circa 300 proiettili. Prime domande: dove e come un diciottenne “tranquillo”, senza cattive compagnie e tantomeno legami con organizzazioni criminali o terroristiche, ma in cura psichiatrica, si è potuto procurare un arma di quel tipo – la matricola abrasa porta ad escludere che l’abbia acquistata in una armeria  -  e i 300 proiettili? Dove ha poi imparato a usarla, visto che a detta degli esperti si tratta di una pistola non facile da maneggiare e visto che il giovane ha invece mostrato una terribile perizia?
Si è poi venuto a sapere – ma per la verità la notizia era trapelata subito e stranamente non era stata adeguatamente apprezzata dai commentatori e dagli analisti, tutti ansiosi di escludere una matrice islamica dell’attentato - che nelle ore precedenti, dal profilo Facebook di una certa Selima Akim – il nome non fa pensare a una neonazista e forse per questo non si è dato peso alla cosa – era partito l’invito a recarsi al Mc Donald, dove poi sarebbe avvenuta la strage, con la falsa notizia di una “offerta gratuita di cibo”. Il Ministro degli interni in persona, il giorno dopo, ha detto che si trattava di una trappola per far accorrere più gente possibile nel luogo dell’attentato e che il profilo di questa Selima Akim era stato “hackerato”, “si presume” dallo stesso Ali Sonboli. Un diciottenne psicolabile che però si rivela non solo esperto tiratore di rivoltella, ma anche abile pirata informatico…
Ma veniamo ai due filmati, che sono in palese contraddizione fra loro. Nel primo, quello dove l’attentatore spara per strada, chi filma mostra una sconcertante freddezza e alla fine, con voce incredibilmente calma, dice alla gente di scappare. Il filmato, inoltre, è stato diffuso quasi immediatamente. Chi ha filmato e come mai ha mostrato una tale tranquillità e tempestività?
Ed eccoci al video più “famoso”, ed anche molto più equivoco, quello del tetto. Lasciamo perdere lo scambio di battute, piuttosto delirante; sorvoliamo anche sul fatto che il deficiente sul balcone, ora assurto a una sorta di eroe, pensava a filmare e a insultare il presunto killer, invece di usare più utilmente il cellulare per chiamare la polizia. Soffermiamoci sulle immagini, sui gesti del presunto killer e sul sonoro al di là dell’alterco fra i due. Intanto, va subito rilevato che l’uomo sul tetto e quello che spara in strada sono vestiti in modo diverso. In secondo luogo, se si fa attenzione si vede che verso la fine del “dialogo” si sentono degli spari (qualcuno li ha identificati come colpi di fucile e non di rivoltella) e immediatamente le urla della gente e le sirene di polizia o ambulanze. Ma il killer è ancora sul tetto! Solo una volta fa il gesto di sparare in basso e poi torna tranquillamente a battibeccare con il deficiente del balcone! Se 2 più 2 fa 4 e non fa 5, la deduzione è solo una: c’è almeno un’altra persona che spara, mentre si svolge il surreale dialogo fra tetto e balcone.
Infine, è stata completamente silenziata la testimonianza, raccolta non da una fonte qualsiasi ma dalla CNN, della donna musulmana che sostiene di aver sentito il killer che gridava “Allah Akbar”. Nulla è dato di sapere, infine, sulla appartenenza religiosa del giovane: è sciita, come fa presumere l’origine iraniana? E se è sciita, sebbene non praticante, perché non si è usato questo dato decisivo per escludere radicalmente il coinvolgimento dell’Isis? E perché l’Isis ha cercato di intestarsi l’attentato di uno sciita? Qualcuno sostiene, non so su quali basi, che il giovane sarebbe invece turcomanno o siro-iraniano e quindi sunnita. La cosa non può essere esclusa apriori, perché in Iran esistono varie minoranze etniche (ci sono anche i curdi, per esempio) e gli iraniani emigrati all’estero spesso appartengono proprio a queste minoranze. Perché non si fa chiarezza almeno su questo punto?
Quel che è certo è che credere alla versione ufficiale significa lasciarsi convincere che 2 più due fa 5. Ed è sconcertante e avvilente che a scrivere quasi inconsapevolmente sulla terra, come fa Winston Smith la cui mente è ormai asservita al Grande Fratello, che 2 più 2 fa 5, siano oggi tutti i media e tantissimi cittadini.
Stando agli elementi oggettivi che abbiamo sommariamente ricordato credere alla versione ufficiale significa infatti credere a questo, pressappoco:
Un ragazzino psicolabile progetta per mesi un attentato per vendicarsi degli atti di bullismo subiti. Si procura una impegnativa pistola e 300 proiettili al mercato clandestino delle armi. Impara a usarla con destrezza. Diventa anche un abile hacker. Si reca sul luogo della strage, entra in bagno e carica la pistola. Esce e comincia a sparare, prendendo di mira soprattutto ragazzini di aspetto mediorientale o balcanico. Poi si rifugia sul tetto (quando avviene l’alterco con l’uomo del balcone, la strage doveva infatti essere già iniziata, altrimenti non si capirebbero la concitazione dei due e il tenore delle loro battute). Intanto però si è cambiato di abito, o almeno ha indossato o svestito qualche altro indumento. Mentre racconta all’altro deficiente la storia della sua vita, avendo evidentemente anche il dono dell’ubiquità si materializza giù in strada, perché mentre sta ancora sul tetto si sentono contemporaneamente gli spari, le urla e le sirene! Il suo cadavere è stato poi ritrovato a un chilometro di distanza e si deve quindi infine presumere che, benché fosse tenuto d’occhio dall’uomo del balcone e a quanto pare anche da altri “spettatori”, benché fosse già in atto un parapiglia di polizia e di ambulanze, sia riuscito ad allontanarsi indisturbato, percorrendo un chilometro. Evidentemente non gli sembrava elegante suicidarsi sul posto dove aveva compiuto la strage.
E’ avvilente che nessun organo di informazione abbia rilevato almeno qualcuna di queste clamorose incongruenze. E’ inquietante il fondato sospetto che le autorità tedesche stiano occultando qualcosa e manipolando l’accaduto. Perché?
Verrebbe da dire: per escludere una eventuale matrice islamista del gesto. Troppo semplice, a mio avviso, e troppo rischioso: la verità verrebbe facilmente a galla. Se fosse così facile un’operazione di tal genere, certamente le autorità francesi avrebbero provato a farci credere che l’attentatore di Nizza era solo un depresso che, imbottito di psicofarmaci, ha perso il controllo del camion, causando involontariamente una strage…
 La parola chiave mi pare, invece, non tanto “islam”, ma “Turchia”, “turchi”. Il killer del tetto, a un certo punto, inveisce contro i turchi e secondo qualche ricostruzione il falso annuncio partito dal profilo di quella tale Selima Akim (a proposito di che nazionalità è? E’ turca?), era rivolto proprio ad attirare dei turchi nel Mc Donald. Almeno cinque delle nove vittime, inoltre, erano turche (tre) o potevano essere facilmente scambiate per turche (un greco, un kosovaro). Un coinvolgimento della comunità turca tedesca nell’attuale conflitto – in quella che si deve francamente chiamare “guerra civile planetaria” – sarebbe di una inaudita gravità per il governo della Merkel. La comunità turca in Germania, come è noto, è estremamente numerosa, è formata soprattutto da individui e nuclei familiari immigrati già da diverse generazioni, è generalmente ben integrata e ha abitudini e mentalità del tutto secolarizzate. Basta fare un giro a Kreuzberg, un importante quartiere di Berlino quasi interamente abitato da turchi: è molto difficile vedere donne col velo. In sostanza, la comunità turca tedesca è ancor oggi come era la Turchia prima di Erdogan. Una radicalizzazione anche solo marginale di questa comunità, per emulazione o per reazione al radicalismo islamico sunnita o sciita, sarebbe una catastrofe per la Germania e in particolare per la politica dell’immigrazione e dell’integrazione della Merkel. Oltre al problema interno, c’è un evidente problema internazionale, visti i rapporti dell’UE, con in testa il governo tedesco, con la Turchia di Erdogan, gli accordi sul controllo dell’immigrazione e i recenti e noti sviluppi del golpe e contro-golpe, con le preoccupanti ambizioni internazionali che questi sviluppi lasciano intravedere nel “sultano” di Ankara.
E’ un’ipotesi. Quel che è certo è che credere alla versione ufficiale è come credere alla cicogna che porta i bambini. Quel che è probabile è che i turchi e la Turchia abbiano qualcosa a che vedere con l’operazione di occultamento. Quel che è doveroso, come sempre, è far funzionare il cervello, per non svegliarsi un giorno scoprendo di amare il Grande Fratello.

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