lunedì 16 novembre 2015

LA BARBARIE DELLO STATO ISLAMICO: LE RESPONSABILITA' DELL'OCCIDENTE



A distanza di alcuni mesi dagli interventi successivi alle precedenti stragi di Parigi, sono stato sollecitato da più persone a riprendere il discorso sullo Stato islamico e sui suoi atti di inaudita barbarie. Accolgo questo invito – pur correndo il rischio di ripetermi - non solo perché si tratta di persone a cui mi legano stima e affetto profondi, ma perché le sento animate sia da una sacrosanta indignazione, sia dall’ansia di capire il fenomeno, al di là dei luoghi comuni e delle formule stereotipate.
Che cosa c’è di nuovo rispetto ai tragici fatti dello scorso gennaio? Forse soltanto una cosa: il drammatico salto di qualità dell’attacco barbarico. Non solo per il numero delle vittime (che nei piani degli attentatori, peraltro, avrebbe dovuto essere molto più elevato, visto che progettavano una strage all’interno dello Stade de France, fortunatamente non riuscita), ma per la scelta degli obiettivi. A gennaio scorso, si trattava di bersagli ben circoscritti e precisamente individuati: un giornale satirico, accusato di offendere la religione islamica, e un supermercato kosher. Oggi si tratta, non già di obiettivi scelti a caso come qualcuno ha malamente argomentato, ma di luoghi ancora simbolicamente significativi, ma che testimoniano la volontà di colpire non più soltanto dei particolari comportamenti (la vignetta su Maometto) o delle precise categorie (gli ebrei, more solito, purtroppo), ma di attaccare tutto il modo di vivere che caratterizza la modernità (non solo occidentale, attenzione!): lo stadio di calcio, la sala da concerto, la pizzeria…
A quasi un anno dal precedente episodio, questo salto di qualità, smaschera la debolezza e l’inerzia della Francia e di tutto l’Occidente di fronte all’attacco a cui siamo sottoposti. E’ di questo soprattutto, che occorre parlare, ed è questa – e non altra - la ragione del titolo: “le responsabilità dell’Occidente”.
Immagino che alcuni – non le persone a cui mi riferivo in apertura - siano stati attirati proprio da questo titolo – confesso di averlo usato anche come “specchietto per le allodole” – immaginando che si intendesse qui parlare di altre reali o presunte responsabilità dell’Occidente che “spiegherebbero” la nascita stessa dell’Is e le sue gesta: in primo luogo, le guerre dei Bush, poi i bombardamenti sulla Libia, quelli su Siria e Iraq e, questo non guasta mai, la famigerata “occupazione dei territori palestinesi” da parte di Israele; in secondo luogo, il supporto logistico diretto e indiretto che sarebbe venuto all’Is dalla vendita di armi o dai reali o presunti coinvolgimenti di servizi segreti occidentali nella nascita e sviluppo dell’Is stesso. Sono le tesi di vari personaggi pubblici, da Gino Strada a Giulietto Chiesa, riecheggiate e volgarizzate da tantissimi strombazzatori dei social network. Sono tesi che hanno gravi difetti logico-epistemologici, che rivelano una sostanziale ignoranza storica e che, spiace dirlo, difettano anche di sostanza etica.
Ignoranza storica e debolezza logico-epistemologica: non risulta che altri popoli, avendo subito guerre e occupazioni, abbiano sviluppato fenomeni pur lontanamente paragonabili all’Is. Non risulta che i vietnamiti siano andati a New York o a Parigi a farsi esplodere tra la gente, non risulta che i tibetani abbiano commesso stragi a Pechino o Shangai, non risulta che i polacchi, vista la loro nazione scomparsa dalle carte geografiche per circa 150 anni e non riscattata – unico caso tra i grandi popoli europei – nemmeno nella stagione dei Risorgimenti nazionali, abbiano creato una feroce organizzazione terroristica per fare attentati a Mosca, a Vienna e a Berlino. Restando in Medio Oriente, non risulta che quel popolo che tutt’ora è privo di un proprio stato nazionale, e quindi si trova nella stessa condizione dei palestinesi, ed è stato sottoposto a occupazioni e repressioni barbariche, sì proprio quel popolo curdo elevato a fasi alterne a paladino ed eroe dell’occidente, abbia formato sgozzatori e kamikaze. E, soprattutto, organizzazioni nate con lo scopo di seminare il terrore nelle città occidentali non sono mai state costituite dal popolo che più di ogni altro ha subito la violenza dell’occidente: il popolo ebraico, evidentemente.
Dunque gli errori, talora indubitabili, della politica americana e occidentale non spiegano ancora nulla.
Quanto al supporto logistico, sulla vendita di armi si potrebbe semplicemente riprendere il discorso appena fatto e chiudere lì: le armi sono vendute e acquistate dovunque e da tutti, ma lo Stato islamico è un unicum (molto diverso anche da Al Qaeda, come dovremo presto ribadire). Riguardo invece alle responsabilità dei servizi segreti, tenetevi forte che sto per fare una sensazionale rivelazione: da che esistono, i servizi segreti di qualsiasi potenza infiltrano o almeno cercano di infiltrare qualunque organizzazione politica e terroristica, qualunque matrice e finalità abbia! E lo fanno perché questa è la loro ragion d’essere e più specificamente per poter controllare le suddette organizzazioni. A volte, i servizi segreti collaborano pure alla nascita di tali organizzazioni, certo non come fattore decisivo, ma come fattore concorrente, per poterle utilizzare per gli scopi politici del loro paese. E’ poi evidente che le organizzazioni più forti non sono semplici burattini che si lasciano manovrare e dunque c’è sempre il rischio che esse sfuggano di mano. Qualcuno la chiamò eterogenesi dei fini. Giulietto Chiesa, che ha militato in partiti più o meno leninisti, dovrebbe conoscere la storia del “treno di Lenin”: dopo la prima rivoluzione del 1917, quella di febbraio, Lenin riuscì a tornare in Russia dalla Svizzera dove si trovava, con altri esponenti bolscevichi e menscevichi, grazie alla connivenza dei servizi segreti tedeschi, che lasciarono passare indisturbato sul proprio territorio un treno che era diretto in un paese nemico e che portava sudditi di questo paese nemico, oltretutto talora ricercati da tutte le polizie del mondo. I tedeschi speravano che il leader bolscevico, tornando in patria, spostasse gli equilibri politici in modo tale da portare la Russia a ritirarsi dalla guerra. Il calcolo si rivelò esattissimo. Tuttavia, come tutti sanno, l’azione politica di Lenin non si limitò a questo, ma portò alla rivoluzione di Ottobre e alla nascita del regime comunista sovietico, cosa che i tedeschi non avevano previsto e che mai avrebbero voluto: eterogenesi dei fini! Dubito che Giulietto Chiesa e tutti quelli che ne riecheggiano le tesi sulla nascita dell’Is sarebbero disposti a ritenere i servizi segreti tedeschi responsabili e autori della rivoluzione russa e il comunismo sovietico frutto di un complotto dei perfidi capitalisti occidentali! E allora perché questi rozzi schemi di analisi si applicano, invece, allo Stato islamico attuale?
Ma veniamo al difetto di sostanza etica: addossare ad americani, francesi, inglesi, israeliani e pure italiani la “colpa”, anche solo indiretta, della nascita dell’Is e dei suoi misfatti significa assumere  una posizione implicitamente “giustificazionista” nei confronti di questa barbarie. E’ particolarmente grave che questi pseudo-ragionamenti vengano fatti da noti e stimati personaggi pubblici, come Gino Strada.
Non difettarono, invece, di sostanza etica tutti quei personaggi, pubblici e non, che, pur conoscendo gli errori e le gravi responsabilità delle democrazie occidentali che avevano contribuito alla nascita e alla crescita del fascismo e del nazismo (a cominciare dal trattato di Versailles e dal credito che  fu dato a Mussolini come “statista”) non ebbero alcun dubbio a schierarsi, quando il nazismo dichiarò guerra non solo ai loro paesi, ma all’umanità.  Questo occorrerebbe fare oggi: a prescindere da errori e responsabilità occidentali, schierarsi senza esitazioni e senza riserve, contro il nuovo nazismo islamico. E contemporaneamente cercare di fare un’analisi seria del fenomeno.
In questi mesi, l’Occidente non ha fatto né l’una, né l’altra cosa: queste sono le sue vere e gravissime responsabilità.
La risposta da dare allo Stato islamico è di due tipi: c’è una risposta militare e c’è una risposta culturale. Sono entrambe strettamente necessarie e sono inseparabili. A molti farà senso parlare di risposta militare: suona inquietante anche alle mie orecchie questo termine. Ma bisogna riconoscere che un soggetto statuale totalitario  - e non solo un’organizzazione terroristica, tantomeno un manipolo di fanatici esaltati – ci ha dichiarato guerra: l’immagine dei cecchini sul tetto e sulla facciata di Notre-Dame de Paris è sconvolgente, ma è anche demistificante. Chi ama, chi cerca, chi vuole costruire la pace non può prescindere da quella immagine – che è un’immagine di guerra, nel cuore di Parigi, su uno dei simboli della civiltà occidentale – se non vuole limitarsi a inutili declamazioni retoriche. Altrettanto urgente è la risposta culturale, che deve partire da un’analisi del fenomeno. Su questo piano, le esercitazioni retoriche di questi mesi sono state altrettanto nefaste della debolezza e dell’assenza di una risposta militare: l’ignavia del Patto di Monaco del settembre 1938, che comunque non impedì la guerra un anno dopo e che consentì a Hitler di rafforzarsi ulteriormente, nacque anche da un’analisi carente del fenomeno nazista.
Dall’analisi e dalla risposta culturale ripartiremo, la prossima volta, nel nostro discorso.

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