venerdì 21 aprile 2017

I SEPOLCRI IMBIANCATI UMANITARI




Sulla questione immigrazione, fra le tante cose che si possono obiettare al «partito dell’accoglienza», ve ne è una davvero basilare: tutti i teoremi di questo partito trasversale si fondano su un postulato che è inventato di sana pianta, tutte le conclusioni dei suoi sillogismi su una premessa manifestamente falsa. Postulato o premessa sono: l’emergenza nasce da un movimento migratorio spontaneo, perché dovuto a guerra o miseria, e quindi inarrestabile. La disperazione soltanto spingerebbe queste ingenti masse umane ad affrontare gli enormi rischi del viaggio in mare, per cui a noi non resterebbe che soccorrerli.

Il buonsenso già da tempo suggeriva delle obiezioni a questo assunto: non sembra che in Africa ci siano più guerre che negli scorsi decenni e i dati ONU sulla fame e sulla povertà non indicano un drammatico aggravamento di queste piaghe negli ultimi anni; inoltre, i paesi da cui provengono la maggior parte di questi «profughi» - a cominciare dalla Nigeria o dal Camerun – attraversano addirittura una congiuntura economica positiva.

Nelle ultime settimane, però, alle perplessità suggerite dal buon senso si sono aggiunti dati di fatto che non sono sfuggiti all’attenzione delle procure delle repubbliche e della stessa Agenzia europea Frontex e che sembrano demolire tutta la narrazione fondata sull’idea della «spontaneità» del fenomeno migratorio in atto.

Incominciamo dai fatti degli ultimi giorni, i più clamorosi. A Pasqua, in soli due giorni, sono stati «salvati» in mare e puntualmente sbarcati sulle nostre coste circa 8.500 migranti, partiti dalla Libia e provenienti da vari paesi, tra i quali innanzitutto il Bangladesh e la Nigeria (geograficamente molto distanti, come è noto, tra loro e dalla Libia). Una piccola flotta di barconi si è messa in mare nelle stesse ore, quasi all’unisono, e la maggior parte di questi è stata intercettata non già dalle navi di Frontex, ma da quelle delle varie Ong che stazionano a pochi chilometri dalle acque territoriali libiche. Gli investigatori non hanno ormai solo il sospetto, ma la certezza di una regia, per lo meno da parte della grande criminalità organizzata, e parlano di «un’azione logistica quasi di stampo militare».

Se a monte del fenomeno, vi sono i trafficanti di uomini, che stanno agli scafisti come i boss della mafia ai capidecina, a valle vi sono le «navi umanitarie» delle Ong, il cui ruolo è sempre meno limpido. Già prima di Pasqua, da Frontex era partita una denuncia inequivocabile: le Ong, che stazionano a brevissima distanza dalla Libia, fanno da incentivo alle partenze, agiscono come «fattore di spinta». Il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, ascoltato dalla commissione Difesa del Senato, ha dichiarato che è un paradosso che la maggior parte dei salvataggi avvengano ad opera delle Ong, mentre in mare non ci sono mai state tante navi «istituzionali». Una prima spiegazione sta nel fatto che le navi delle Ong stazionano a ridosso delle acque libiche mentre le navi di Frontex stanno più a largo. In sostanza, le «navi umanitarie» prelevano i migranti non appena questi sono partiti dalle spiagge della Libia e hanno a malapena superato le acque territoriali. Ma il direttore di Frontex ha aggiunto anche che è riprovato che in molti casi gli scafisti danno ai migranti i numeri di telefono delle Ong.

La situazione è dunque ben diversa da quella di qualche anno fa, quando i migranti chiamavano la guardia costiera mentre erano già in alto mare, con un telefono satellitare fornito dagli scafisti, sicché la richiesta di soccorso non poteva essere ignorata. Il soccorso in alto mare, come ha spiegato il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro, che sta guidando un’indagine sul ruolo delle Ong nei soccorsi ai migranti, aveva però questo vantaggio: i barconi dovevano essere accompagnati da dei «facilitatori», con il compito di segnare la rotta e predisporre le vettovaglie. Questi facilitatori venivano intercettati e da loro si poteva risalire ai gradini superiori dell’organizzazione di trafficanti di uomini. Proprio per questo si era deciso di arretrare le navi della guardia costiera, rispetto al limite delle acque territoriali. Ma è a questo punto che sono arrivate le navi delle Ong, rendendo superfluo il ruolo dei facilitatori e complicando il fronteggiamento del fenomeno e le indagini sulle organizzazioni criminali che lo gestiscono.

Vi è quindi più del sospetto di un accordo tra gli scafisti e almeno alcune delle Ong. E vi sono già su questo un’inchiesta parlamentare e la già citata indagine della procura della Repubblica di Catania. L’elemento cruciale, come al solito, è costituito dal flusso di denaro: chi finanzia le Ong? Le spese che esse devono sostenere per tenere in mare le loro navi e procedere alle operazioni di salvataggio sono imponenti ed è assai poco credibile che delle associazioni di volontariato possano sostenerle da sole. La Moas, per esempio, che è una delle Ong più «chiacchierate», ha speso l’anno scorso 400.000 euro al mese per il noleggio di due droni che servivano a pattugliare le acque libiche e altri 600.000 euro al mese per l’affitto delle sue due navi. Quest’anno i droni sono stati rimpiazzati da un aereo. La domanda cruciale è quindi questa: da dove vengono questi soldi? Chi ha interesse a finanziare le Ong? Si tratta sempre e solo di filantropi?

Ovviamente le Ong respingono con sdegno le accuse e difendono il loro nobile compito umanitario, che consisterebbe nel salvare vite umane. Sta di fatto che le morti in mare non sono affatto diminuite e le navi umanitarie, se da un lato aiutano oggettivamente a prevenire le sciagure, andando a prelevare i barconi fino a 12 miglia dalla costa, dall’altro, per la legge dei grandi numeri, aumentano i rischi incentivando le partenze . E dà poi da pensare la scoperta che qualcuna di queste Ong abbia scoperto solo in tempi recentissimi la propria vocazione umanitaria, visto che fino a qualche anno fa offriva servizi di mercenari armati…Siamo allora di fronte ad associazioni di anime belle o a sepolcri imbiancati «umanitari»?

Comunque, come  non concordare, almeno stavolta, con Matteo Renzi che pare abbia dichiarato: «noi siamo accoglienti, sì, ma non possiamo essere presi in giro».

Speriamo che inchieste e indagini facciano il loro corso e aiutino a smontare definitivamente quel postulato che falsa, inquina e mistifica tutti i discorsi sull’immigrazione: non si tratta affatto di movimenti spontanei, ma di una migrazione di massa organizzata, per fini di lucro. Se si cambia l’assunto, tutta la narrazione dovrà mutare, evidentemente. Le resistenze saranno però molto forti, perché, come ha notato acutamente Ricolfi – non un fascio leghista, ma un intellettuale di sinistra – la sinistra ha sposato l’ideologia dei migranti per lasciar credere che sta ancora dalla parte degli ultimi. E il sospetto è che quella ideologia talora non sia stata sposata in modo così disinteressato, perché infatti se a valle delle grandi organizzazioni criminali che gestiscono il traffico planetario di uomini vi sono le Ong, chi sta poi a sua volta a valle delle Ong? Perché le «navi umanitarie» portano i migranti sempre in Italia e mai, neanche in un caso, nella più vicina Tunisia? Se gli scafisti hanno i numeri di telefono delle Ong, quali numeri di telefono italiani hanno poi le Ong?

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