Sulla
questione immigrazione, fra le tante cose che si possono obiettare al «partito
dell’accoglienza», ve ne è una davvero basilare: tutti i teoremi di questo
partito trasversale si fondano su un postulato che è inventato di sana pianta,
tutte le conclusioni dei suoi sillogismi su una premessa manifestamente falsa.
Postulato o premessa sono: l’emergenza nasce da un movimento migratorio spontaneo, perché dovuto a guerra o
miseria, e quindi inarrestabile. La disperazione soltanto spingerebbe queste
ingenti masse umane ad affrontare gli enormi rischi del viaggio in mare, per
cui a noi non resterebbe che soccorrerli.
Il
buonsenso già da tempo suggeriva delle obiezioni a questo assunto: non sembra
che in Africa ci siano più guerre che negli scorsi decenni e i dati ONU sulla
fame e sulla povertà non indicano un drammatico aggravamento di queste piaghe
negli ultimi anni; inoltre, i paesi da cui provengono la maggior parte di
questi «profughi» - a cominciare dalla Nigeria o dal Camerun – attraversano
addirittura una congiuntura economica positiva.
Nelle
ultime settimane, però, alle perplessità suggerite dal buon senso si sono
aggiunti dati di fatto che non sono sfuggiti all’attenzione delle procure delle
repubbliche e della stessa Agenzia europea Frontex e che sembrano demolire
tutta la narrazione fondata sull’idea della «spontaneità» del fenomeno
migratorio in atto.
Incominciamo
dai fatti degli ultimi giorni, i più clamorosi. A Pasqua, in soli due giorni, sono
stati «salvati» in mare e puntualmente sbarcati sulle nostre coste circa 8.500
migranti, partiti dalla Libia e provenienti da vari paesi, tra i quali innanzitutto
il Bangladesh e la Nigeria (geograficamente molto distanti, come è noto, tra
loro e dalla Libia). Una piccola flotta di barconi si è messa in mare nelle
stesse ore, quasi all’unisono, e la maggior parte di questi è stata
intercettata non già dalle navi di Frontex, ma da quelle delle varie Ong che
stazionano a pochi chilometri dalle acque territoriali libiche. Gli
investigatori non hanno ormai solo il sospetto, ma la certezza di una regia, per
lo meno da parte della grande criminalità organizzata, e parlano di «un’azione
logistica quasi di stampo militare».
Se
a monte del fenomeno, vi sono i trafficanti di uomini, che stanno agli scafisti
come i boss della mafia ai capidecina, a valle vi sono le «navi umanitarie» delle
Ong, il cui ruolo è sempre meno limpido. Già prima di Pasqua, da Frontex era
partita una denuncia inequivocabile: le Ong, che stazionano a brevissima
distanza dalla Libia, fanno da incentivo alle partenze, agiscono come «fattore
di spinta». Il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, ascoltato dalla
commissione Difesa del Senato, ha dichiarato che è un paradosso che la maggior
parte dei salvataggi avvengano ad opera delle Ong, mentre in mare non ci sono
mai state tante navi «istituzionali». Una prima spiegazione sta nel fatto che
le navi delle Ong stazionano a ridosso delle acque libiche mentre le navi di
Frontex stanno più a largo. In sostanza, le «navi umanitarie» prelevano i
migranti non appena questi sono partiti dalle spiagge della Libia e hanno a
malapena superato le acque territoriali. Ma il direttore di Frontex ha aggiunto
anche che è riprovato che in molti casi gli scafisti danno ai migranti i numeri
di telefono delle Ong.
La
situazione è dunque ben diversa da quella di qualche anno fa, quando i migranti
chiamavano la guardia costiera mentre erano già in alto mare, con un telefono
satellitare fornito dagli scafisti, sicché la richiesta di soccorso non poteva
essere ignorata. Il soccorso in alto mare, come ha spiegato il procuratore capo
di Catania Carmelo Zuccaro, che sta guidando un’indagine sul ruolo delle Ong
nei soccorsi ai migranti, aveva però questo vantaggio: i barconi dovevano
essere accompagnati da dei «facilitatori», con il compito di segnare la rotta e
predisporre le vettovaglie. Questi facilitatori venivano intercettati e da loro
si poteva risalire ai gradini superiori dell’organizzazione di trafficanti di
uomini. Proprio per questo si era deciso di arretrare le navi della guardia
costiera, rispetto al limite delle acque territoriali. Ma è a questo punto che
sono arrivate le navi delle Ong, rendendo superfluo il ruolo dei facilitatori e
complicando il fronteggiamento del fenomeno e le indagini sulle organizzazioni
criminali che lo gestiscono.
Vi
è quindi più del sospetto di un accordo tra gli scafisti e almeno alcune delle
Ong. E vi sono già su questo un’inchiesta parlamentare e la già citata indagine
della procura della Repubblica di Catania. L’elemento cruciale, come al solito,
è costituito dal flusso di denaro: chi finanzia le Ong? Le spese che esse
devono sostenere per tenere in mare le loro navi e procedere alle operazioni di
salvataggio sono imponenti ed è assai poco credibile che delle associazioni di
volontariato possano sostenerle da sole. La Moas, per esempio, che è una delle
Ong più «chiacchierate», ha speso l’anno scorso 400.000 euro al mese per il
noleggio di due droni che servivano a pattugliare le acque libiche e altri 600.000
euro al mese per l’affitto delle sue due navi. Quest’anno i droni sono stati
rimpiazzati da un aereo. La domanda cruciale è quindi questa: da dove vengono
questi soldi? Chi ha interesse a finanziare le Ong? Si tratta sempre e solo di
filantropi?
Ovviamente
le Ong respingono con sdegno le accuse e difendono il loro nobile compito umanitario,
che consisterebbe nel salvare vite umane. Sta di fatto che le morti in mare non
sono affatto diminuite e le navi umanitarie, se da un lato aiutano oggettivamente
a prevenire le sciagure, andando a prelevare i barconi fino a 12 miglia dalla
costa, dall’altro, per la legge dei grandi numeri, aumentano i rischi incentivando
le partenze . E dà poi da pensare la scoperta che qualcuna di queste Ong abbia
scoperto solo in tempi recentissimi la propria vocazione umanitaria, visto che
fino a qualche anno fa offriva servizi di mercenari armati…Siamo allora di
fronte ad associazioni di anime belle o a sepolcri imbiancati «umanitari»?
Comunque,
come non concordare, almeno stavolta,
con Matteo Renzi che pare abbia dichiarato: «noi siamo accoglienti, sì, ma non
possiamo essere presi in giro».
Speriamo
che inchieste e indagini facciano il loro corso e aiutino a smontare definitivamente
quel postulato che falsa, inquina e mistifica tutti i discorsi sull’immigrazione:
non si tratta affatto di movimenti spontanei, ma di una migrazione di massa
organizzata, per fini di lucro. Se si cambia l’assunto, tutta la narrazione
dovrà mutare, evidentemente. Le resistenze saranno però molto forti, perché, come
ha notato acutamente Ricolfi – non un fascio leghista, ma un intellettuale di
sinistra – la sinistra ha sposato l’ideologia dei
migranti per lasciar credere che sta ancora dalla parte degli ultimi. E il
sospetto è che quella ideologia talora non sia stata sposata in modo così
disinteressato, perché infatti se a valle delle grandi organizzazioni criminali
che gestiscono il traffico planetario di uomini vi sono le Ong, chi sta poi a sua
volta a valle delle Ong? Perché le «navi umanitarie» portano i migranti sempre
in Italia e mai, neanche in un caso, nella più vicina Tunisia? Se gli scafisti
hanno i numeri di telefono delle Ong, quali numeri di telefono italiani hanno
poi le Ong?
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