martedì 14 giugno 2016

LA STRAGE DI ORLANDO E LA DISFATTA DELLA NARRAZIONE PROGRESSISTA



La strage di Orlando non ha solo ucciso 50 persone innocenti: ha demolito e colato a picco la narrazione progressista sul fenomeno terroristico. Eppure, questa narrazione ha cercato anche in questa circostanza di dare il meglio di sé. Si è cominciato con la solita imbarazzata reticenza dei giornalisti e delle giornaliste (si è particolarmente distinta la Fanuele di La7 e merita una citazione specifica): l’attentatore è un “americano” si sono subito affrettati a dire costoro, quasi sollevati, mentre giungevano le prime notizie. Certo, quell’”americano” si chiamava Omar, un nome di battesimo che di solito i “suprematisti bianchi” non portano; certo il padre proveniva dall’Afghanistan… ma proprio questo scomodo genitore, inizialmente, è sembrato tornare utile alla suddetta narrazione. E’ stata, infatti, rilanciata immediatamente una sua presunta dichiarazione nella quale egli avrebbe sostenuto che l’unica motivazione del gesto criminale del figlio era da ricercarsi nell’odio contro gli omosessuali. Ecco, vedete, era il sottinteso dei narratori progressisti, è omofobia, l’islam non c’entra! Peccato, che poco dopo si sia scoperto che il buon genitore è un fanatico sostenitore dei talebani, che usa fare comizi televisivi a favore dei seguaci del defunto mullah Omar e contro gli USA e l’Occidente tutto… Peccato, soprattutto, che il figlio, l’autore della strage, mentre la stava compiendo abbia avuto il tempo di chiamare il numero di emergenza statunitense e di dichiararsi seguace del Califfo al-Baghdadi. Peccato che l’IS abbia subito rivendicato la strage, definendo  il suddetto Omar, “uno di noi”.
La “narrazione progressista”, data la sua natura schiettamente ideologica, non tiene però conto delle evidenze fattuali. E difatti, il presidente Obama ha parlato semplicemente di “odio e terrore” e poi di “terrorismo domestico”, senza neanche citare l’islam, mentre la Clinton ha ribadito che “l’islam non ha nulla a che vedere con il terrorismo islamico”. In tutto il mondo, poi, Italia compresa, la strage è stata subito etichettata come “omofoba”. Il sottinteso – ma non di rado  questo sottinteso è stato anche chiaramente esplicitato – è che la colpa è della notoria “omofobia” occidentale e che quindi, ancora una volta, “l’islam non c’entra”. Mi ero quasi convinto e, dato che questi signori “progressisti” considerano omofobo anche chi è contrario alle adozioni gay, stavo per costituirmi: lasciate perdere Omar, volevo dire all’FBI, che è solo un esecutore materiale, che è un musulmano così ben integrato che ha assimilato il terribile morbo autoctono occidentale dell’omofobia. Il vero responsabile della strage sono io! Un amico delle forze dell’ordine mi ha però dissuaso: vedi, mi ha detto, purtroppo polizia e magistratura scontano questo terribile ritardo culturale nell’individuare i veri responsabili dei fenomeni criminali come il terrorismo…non ti crederebbero, lascia perdere…
Intanto, la narrazione progressista trovava nuovi simboli: è stato presto adottato un nastrino, metà con i colori della bandiera americana e metà con i colori arcobaleno ormai ascritti all’”orgoglio gay” (a dispetto della Bibbia, di Genesi 9, del diluvio, di Noè e dell’Eterno…). E’ stato, comunque, divertente vedere tanti pervicaci antiamericani postare come immagine del profilo un nastrino che almeno per metà aveva gli odiati imperialistici colori: potenza purificante dell’arcobaleno!
Ma è tempo di lasciare l’ironia. La “narrazione progressista” sul terrorismo islamico, come dicevo, esce demolita da quest’ultima tragica vicenda, almeno agli occhi di chi non sia completamente ottenebrato dall’ideologia. Demolita in ogni suo punto fondante.
“L’islam non c’entra. La colpa è dell’emarginazione sociale, della povertà, del degrado, che è l’humus dal quale nascono i terroristi. La colpa è dell’Occidente”. Ebbene, per l’ennesima volta, come a Parigi, a Bruxelles, a San Bernardino, l’autore della strage non è un emarginato, un povero, un disadattato, non è neanche disoccupato, ma è una guardia giurata con un buon reddito, immigrato di seconda generazione, in apparenza perfettamente “integrato”.
“L’islam non c’entra. La colpa è della politica occidentale e specificamente americana in Medio Oriente”. Certo, il padre del criminale inneggia ai talebani e Bush invase l’Afghanistan nel 2001. Ma, a parte il fatto, regolarmente e incredibilmente dimenticato nella suddetta narrazione, che questa vicenda delle “guerre di Bush” non incomincia con l’invasione dell’Afghanistan, ma con quel piccolo, irrilevante episodio che fu la strage dell’11 settembre, se il killer intendeva vendicarsi della brutale aggressione imperialistica ai danni del paese di suo padre, perché non è entrato in un locale di marines? Perché prendersela con i gay? Era gay forse George W. Bush? Ha forse mandato battaglioni di marines gay in Afghanistan?
“L’islam non c’entra. La colpa è degli USA dove circolano troppe armi e le armi si acquistano con troppa facilità”. Qui, una prima considerazione va fatta sul modo in cui i “progressisti” trattano e usano il tema delle “diversità culturali”. Se si tratta delle diversità fra l’occidente e i popoli arabi, fra l’occidente e l’islam, fra l’occidente e quello che una volta si chiamava “terzo mondo” queste diversità – quelle che caratterizzano gli arabi, gli islamici, le civiltà terzomondiste - vanno rispettate e tutelate come qualcosa di sacro e inviolabile. Se si tratta, invece, di diversità interne all’occidente e, in particolare, di tradizioni e modi di vivere che appartengono a popoli o anche a gruppi sociali che non godono dei favori del mondo progressista, allora queste diversità non sono più degne di rispetto o addirittura vanno considerate come meri residui barbarici. E’ il caso del diritto a possedere un’arma come segno e garanzia della libertà individuale, un diritto radicato nella storia americana e tutelato addirittura da un emendamento alla Costituzione. Ma, a parte questo, puntare il dito contro la vendita e la circolazione delle armi, piuttosto che sul fenomeno islamistico, dopo la strage di Orlando, come ha fatto innanzitutto e come sempre il nefando presidente Obama, non è solo un diversivo, è anche un argomento veramente stolto. Un sostenitore della libera circolazione delle armi – io non le amo e non ne ho mai posseduto una, ma provo a immedesimarmi – potrebbe sostenere, ribaltando in modo tutt’altro che peregrino l’argomentazione progressista, che se alcuni avventori del locale preso di mira dal criminale avessero avuto con sé un’arma, probabilmente sarebbero riusciti a fermarlo e a limitare, almeno, il numero delle vittime. Ma, in tale occasione, l’argomentazione è particolarmente idiota, visto che Omar era una guardia giurata e le guardie giurate non solo negli USA, ma in tutto il mondo, Italia compresa, non hanno difficoltà a procurarsi armi.
“L’islam non c’entra. La colpa è dell’”omofobia”. Quindi, dell’occidente”. Il dato specifico dell’ultima strage è che è stato preso di mira un locale frequentato da gay. In tal modo, i progressisti hanno creduto di trovare un argomento a sostegno delle loro fissazioni ideologiche che, talora, diventano addirittura paranoiche (mi è capitato finanche di leggere l’invettiva di un tizio che, ignorando bellamente l’identità dell’assassino, la sua dichiarazione di fedeltà all’IS e la rivendicazione dell’IS stesso, accusava soltanto gli “omofobi” occidentali, dicendo più o meno: “ecco, ora sarete contenti, l’avete voluto voi…” e giù una sfilza di improperi). E’ vero il contrario: dopo i fatti di Colonia di Capodanno, con le donne molestate in piazza da bande di immigrati islamici (proprio in questi giorni, dopo mesi, la polizia ha confermato che i responsabili erano tutti islamici e immigrati), questo nuovo episodio fa definitivamente esplodere le contraddizioni della narrazione progressista “politically correct”. Che si fonda su tre pilastri: il neofemminismo – che prende di mira il maschilismo da cui sarebbe ancora pervasa la società occidentale e che ha inventato la categoria giuridica del “femminicidio”; l’”omofilia”, che si estrinseca nelle battaglie a favore dei veri o presunti “diritti” degli omosessuali e specificamente delle coppie omosessuali e nelle manifestazioni stile “gay-pride”; il “multiculturalismo”, in realtà declinato soprattutto come “islamofilia”, nuova versione del vecchio “terzomondismo”, che denuncia come problema fondamentale dell’Occidente attuale, la xenofobia e, in particolare, l’islamofobia.
Ebbene questi tre pilastri non reggono tutti assieme, in quanto almeno uno dei tre è in violenta contraddizione con gli altri. Ed è proprio questo conflitto che fa crollare tutta l’impalcatura della narrazione ideologica progressista. Si era già visto a Colonia, con il silenzio imbarazzato delle neofemministe o le loro patetiche argomentazioni diversive (“anche gli occidentali molestano le donne, il problema non è l’islam e non sono gli immigrati”) e con la coraggiosa, isolata denuncia di qualche “veterofemminista” (l’”accoglienza” indiscriminata senza integrazione rischia di compromettere diritti faticosamente acquisiti in Occidente proprio dalle donne). Ora, questa ultima orrenda strage, che ha preso di mira i gay. La conclusione è molto semplice: l’islamofilia multiculturalista non è compatibile con il neo o veterofemminismo, ma soprattutto non è compatibile con la tutela del ruolo e dei diritti delle donne come si sono venuti consolidando nella società occidentale. L’islamofilia multiculturalista è ancor meno compatibile con l’omofilia, ma soprattutto non è compatibile con il rispetto delle personali scelte sessuali e di vita, che invece appartiene ormai al pensiero e al comportamento della grande maggioranza degli occidentali ed è tutelato dalla legislazione.
E’ una mistificazione intollerabile sostenere che le vittime di Orlando sono vittime dell’”omofobia”. Esse sono vittime del terrorismo islamista. E’ “omofobo” l’islamismo? Accostare il termine così caro all’ideologia progressista – “omofobia” – alla parola islam, certo romperebbe un tabù e smaschererebbe la contraddizione della costruzione ideologica stessa. Ma sarebbe ancora una mistificazione. Un dibattito serio e un’analisi sensata dovrebbero semplicemente bandire termini come “omofobia”, “islamofobia” e “xenofobia”. Nel caso degli ebrei, giustamente, non è stato mai usato il termine “giudeofobia”. Queste parole si richiamano a una psicologia a buon mercato e possono stare sulla bocca soltanto di psicologi della domenica, o del lunedi, non su quella di persone che vogliono seriamente capire fenomeni così importanti e gravi. L’assunto, assai rozzo, è infatti che gli omosessuali sarebbero presi di mira da chi ha paura dell’omosessualità, o meglio, della loro trasgressiva libertà, e magari ha paura della propria omosessualità “latente”, se non addirittura della sessualità “tout court”! Bisognerebbe, invece, affermare una verità molto più semplice, meno contorta, meno dipendente da elucubrazioni mentali: gli islamisti, che ne abbiano o meno paura, che siano o meno sessualmente repressi e magari latentemente omosessuali, i gay li uccidono in quanto gay (mentre gli omofobi o presunti tali dell’occidente i gay non li uccidono, ma al massimo sfilano pacificamente al family day); uccidono i gay, sulla base della loro ideologia religiosa, non per presunta paura. E allo stesso modo, uccidono i cristiani in quanto cristiani e gli ebrei in quanto ebrei. E allo stesso modo, discriminano, maltrattano, molestano, violentano e schiavizzano le donne in quanto donne. Fanno tutto ciò, sulla base di una ideologia religiosa, che non è limitata a pochi fanatici, ma ha larga e crescente diffusione, soprattutto fra coloro che non commettono materialmente le stragi, ma costituiscono l’acqua in cui nuotano i pesci, ossia i terroristi.
I reticenti, i giustificazionisti occidentali e tutti quelli secondo cui “l’islam non c’entra, l’islam è religione di pace”, tutti quelli che rifiutano di porsi il problema islam – che evidentemente non significa affatto considerare tutti gli islamici potenziali terroristi, ma cancellare quelle mistificazioni che di fatto impediscono anche ai tanti milioni di islamici pacifici di far sentire la loro voce e di isolare gli islamisti radicali – devono essere finalmente smascherati e, di fronte al sangue delle vittime, devono essere inchiodati alle loro responsabilità morali: sono loro i ‘complici’, non i presunti omofobi, misogeni, islamofobi. ‘Complici’. Come quelli che tacevano di fronte alla barbarie nazifascista, o dicevano parole reticenti, o parlavano d’altro.
Ed è tempo di tener conto di questo, innanzitutto nelle proprie scelte politiche e anche specificamente elettorali, anche se questo dovesse portare a posizioni scomode e difficili da assumere, dato il proprio retroterra politico, culturale e perfino esistenziale.
Se fossi cittadino americano, ad esempio, a novembre dovrei votare Trump e non Hillary Clinton, sebbene Trump sia lontanissimo dal mio modo di pensare, di vivere e anche di parlare e mi provochi un fastidio finanche estetico. Ma non è ‘complice’ dei barbari. La Clinton, invece, che continua a dire che l’islam non ha niente a che fare con il terrorismo e che il problema è l’islamofobia, ‘complice’ lo è. Esattamente come Obama, che con la sua scellerata politica è stato l’apprendista stregone che ha scatenato le potenze di morte che sono all’opera in Medio Oriente e nel mondo intero.
Un analogo ragionamento bisognerà fare in Italia, a suo tempo. E a chi si scandalizzerà per quelle che dovessero essere le mie scelte elettorali, rispondo fin da ora: “Scandalizzati di te stesso, se voti per i ‘complici’ dei nuovi nazisti, rendendoti ‘complice’ a tua volta”.
Nei tempi difficili, occorre coraggio. Occorre opporre al barbaro coraggio dei terroristi islamici, il coraggio civile delle proprie scelte di cittadini liberi, che vogliono difendere ad ogni costo una libertà così faticosamente conquistata.

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