La strage di Orlando
non ha solo ucciso 50 persone innocenti: ha demolito e colato a picco la
narrazione progressista sul fenomeno terroristico. Eppure, questa narrazione ha
cercato anche in questa circostanza di dare il meglio di sé. Si è cominciato
con la solita imbarazzata reticenza dei giornalisti e delle giornaliste (si è
particolarmente distinta la Fanuele di La7 e merita una citazione specifica): l’attentatore
è un “americano” si sono subito affrettati a dire costoro, quasi sollevati, mentre
giungevano le prime notizie. Certo, quell’”americano” si chiamava Omar, un nome
di battesimo che di solito i “suprematisti bianchi” non portano; certo il padre
proveniva dall’Afghanistan… ma proprio questo scomodo genitore, inizialmente, è
sembrato tornare utile alla suddetta narrazione. E’ stata, infatti, rilanciata
immediatamente una sua presunta dichiarazione nella quale egli avrebbe sostenuto
che l’unica motivazione del gesto criminale del figlio era da ricercarsi nell’odio
contro gli omosessuali. Ecco, vedete, era il sottinteso dei narratori
progressisti, è omofobia, l’islam non c’entra! Peccato, che poco dopo si sia
scoperto che il buon genitore è un fanatico sostenitore dei talebani, che usa
fare comizi televisivi a favore dei seguaci del defunto mullah Omar e contro
gli USA e l’Occidente tutto… Peccato, soprattutto, che il figlio, l’autore
della strage, mentre la stava compiendo abbia avuto il tempo di chiamare il
numero di emergenza statunitense e di dichiararsi seguace del Califfo al-Baghdadi.
Peccato che l’IS abbia subito rivendicato la strage, definendo il suddetto Omar, “uno di noi”.
La “narrazione
progressista”, data la sua natura schiettamente ideologica, non tiene però
conto delle evidenze fattuali. E difatti, il presidente Obama ha parlato
semplicemente di “odio e terrore” e poi di “terrorismo domestico”, senza
neanche citare l’islam, mentre la Clinton ha ribadito che “l’islam non ha nulla
a che vedere con il terrorismo islamico”. In tutto il mondo, poi, Italia compresa,
la strage è stata subito etichettata come “omofoba”. Il sottinteso – ma non di
rado questo sottinteso è stato anche
chiaramente esplicitato – è che la colpa è della notoria “omofobia” occidentale
e che quindi, ancora una volta, “l’islam non c’entra”. Mi ero quasi convinto e,
dato che questi signori “progressisti” considerano omofobo anche chi è
contrario alle adozioni gay, stavo per costituirmi: lasciate perdere Omar,
volevo dire all’FBI, che è solo un esecutore materiale, che è un musulmano così
ben integrato che ha assimilato il terribile morbo autoctono occidentale dell’omofobia.
Il vero responsabile della strage sono io! Un amico delle forze dell’ordine mi
ha però dissuaso: vedi, mi ha detto, purtroppo polizia e magistratura scontano
questo terribile ritardo culturale nell’individuare i veri responsabili dei
fenomeni criminali come il terrorismo…non ti crederebbero, lascia perdere…
Intanto, la narrazione progressista
trovava nuovi simboli: è stato presto adottato un nastrino, metà con i colori
della bandiera americana e metà con i colori arcobaleno ormai ascritti all’”orgoglio
gay” (a dispetto della Bibbia, di Genesi 9, del diluvio, di Noè e dell’Eterno…).
E’ stato, comunque, divertente vedere tanti pervicaci antiamericani postare
come immagine del profilo un nastrino che almeno per metà aveva gli odiati
imperialistici colori: potenza purificante dell’arcobaleno!
Ma è tempo di lasciare
l’ironia. La “narrazione progressista” sul terrorismo islamico, come dicevo,
esce demolita da quest’ultima tragica vicenda, almeno agli occhi di chi non sia
completamente ottenebrato dall’ideologia. Demolita in ogni suo punto fondante.
“L’islam
non c’entra. La colpa è dell’emarginazione sociale, della povertà, del degrado,
che è l’humus dal quale nascono i terroristi. La colpa è dell’Occidente”. Ebbene,
per l’ennesima volta, come a Parigi, a Bruxelles, a San Bernardino, l’autore
della strage non è un emarginato, un povero, un disadattato, non è neanche
disoccupato, ma è una guardia giurata con un buon reddito, immigrato di seconda
generazione, in apparenza perfettamente “integrato”.
“L’islam
non c’entra. La colpa è della politica occidentale e specificamente americana
in Medio Oriente”. Certo, il padre del criminale inneggia
ai talebani e Bush invase l’Afghanistan nel 2001. Ma, a parte il fatto,
regolarmente e incredibilmente dimenticato nella suddetta narrazione, che
questa vicenda delle “guerre di Bush” non incomincia con l’invasione dell’Afghanistan,
ma con quel piccolo, irrilevante episodio che fu la strage dell’11 settembre,
se il killer intendeva vendicarsi della brutale aggressione imperialistica ai
danni del paese di suo padre, perché non è entrato in un locale di marines?
Perché prendersela con i gay? Era gay forse George W. Bush? Ha forse mandato
battaglioni di marines gay in Afghanistan?
“L’islam
non c’entra. La colpa è degli USA dove circolano troppe armi e le armi si
acquistano con troppa facilità”. Qui, una prima
considerazione va fatta sul modo in cui i “progressisti” trattano e usano il
tema delle “diversità culturali”. Se si tratta delle diversità fra l’occidente
e i popoli arabi, fra l’occidente e l’islam, fra l’occidente e quello che una
volta si chiamava “terzo mondo” queste diversità – quelle che caratterizzano
gli arabi, gli islamici, le civiltà terzomondiste - vanno rispettate e tutelate
come qualcosa di sacro e inviolabile. Se si tratta, invece, di diversità
interne all’occidente e, in particolare, di tradizioni e modi di vivere che
appartengono a popoli o anche a gruppi sociali che non godono dei favori del
mondo progressista, allora queste diversità non sono più degne di rispetto o
addirittura vanno considerate come meri residui barbarici. E’ il caso del
diritto a possedere un’arma come segno e garanzia della libertà individuale, un
diritto radicato nella storia americana e tutelato addirittura da un
emendamento alla Costituzione. Ma, a parte questo, puntare il dito contro la
vendita e la circolazione delle armi, piuttosto che sul fenomeno islamistico,
dopo la strage di Orlando, come ha fatto innanzitutto e come sempre il nefando
presidente Obama, non è solo un diversivo, è anche un argomento veramente
stolto. Un sostenitore della libera circolazione delle armi – io non le amo e
non ne ho mai posseduto una, ma provo a immedesimarmi – potrebbe sostenere, ribaltando
in modo tutt’altro che peregrino l’argomentazione progressista, che se alcuni
avventori del locale preso di mira dal criminale avessero avuto con sé un’arma,
probabilmente sarebbero riusciti a fermarlo e a limitare, almeno, il numero delle
vittime. Ma, in tale occasione, l’argomentazione è particolarmente idiota,
visto che Omar era una guardia giurata e le guardie giurate non solo negli USA,
ma in tutto il mondo, Italia compresa, non hanno difficoltà a procurarsi armi.
“L’islam
non c’entra. La colpa è dell’”omofobia”. Quindi, dell’occidente”.
Il dato specifico dell’ultima strage è che è stato preso di mira un locale
frequentato da gay. In tal modo, i progressisti hanno creduto di trovare un
argomento a sostegno delle loro fissazioni ideologiche che, talora, diventano
addirittura paranoiche (mi è capitato finanche di leggere l’invettiva di un
tizio che, ignorando bellamente l’identità dell’assassino, la sua dichiarazione
di fedeltà all’IS e la rivendicazione dell’IS stesso, accusava soltanto gli “omofobi”
occidentali, dicendo più o meno: “ecco, ora sarete contenti, l’avete voluto voi…”
e giù una sfilza di improperi). E’ vero il contrario: dopo i fatti di Colonia
di Capodanno, con le donne molestate in piazza da bande di immigrati islamici
(proprio in questi giorni, dopo mesi, la polizia ha confermato che i
responsabili erano tutti islamici e immigrati), questo nuovo episodio fa definitivamente
esplodere le contraddizioni della narrazione progressista “politically correct”.
Che si fonda su tre pilastri: il neofemminismo
– che prende di mira il maschilismo da cui sarebbe ancora pervasa la società
occidentale e che ha inventato la categoria giuridica del “femminicidio”; l’”omofilia”, che si estrinseca nelle
battaglie a favore dei veri o presunti “diritti” degli omosessuali e
specificamente delle coppie omosessuali e nelle manifestazioni stile “gay-pride”;
il “multiculturalismo”, in realtà
declinato soprattutto come “islamofilia”,
nuova versione del vecchio “terzomondismo”, che denuncia come problema
fondamentale dell’Occidente attuale, la xenofobia e, in particolare, l’islamofobia.
Ebbene questi tre
pilastri non reggono tutti assieme, in quanto almeno uno dei tre è in violenta
contraddizione con gli altri. Ed è proprio questo conflitto che fa crollare
tutta l’impalcatura della narrazione ideologica progressista. Si era già visto
a Colonia, con il silenzio imbarazzato delle neofemministe o le loro patetiche argomentazioni
diversive (“anche gli occidentali molestano le donne, il problema non è l’islam
e non sono gli immigrati”) e con la coraggiosa, isolata denuncia di qualche “veterofemminista”
(l’”accoglienza” indiscriminata senza integrazione rischia di compromettere
diritti faticosamente acquisiti in Occidente proprio dalle donne). Ora, questa
ultima orrenda strage, che ha preso di mira i gay. La conclusione è molto
semplice: l’islamofilia multiculturalista non è compatibile con il neo o
veterofemminismo, ma soprattutto non è compatibile con la tutela del ruolo e
dei diritti delle donne come si sono venuti consolidando nella società
occidentale. L’islamofilia multiculturalista è ancor meno compatibile con l’omofilia,
ma soprattutto non è compatibile con il rispetto delle personali scelte
sessuali e di vita, che invece appartiene ormai al pensiero e al comportamento
della grande maggioranza degli occidentali ed è tutelato dalla legislazione.
E’ una mistificazione
intollerabile sostenere che le vittime di Orlando sono vittime dell’”omofobia”.
Esse sono vittime del terrorismo islamista. E’ “omofobo” l’islamismo? Accostare
il termine così caro all’ideologia progressista – “omofobia” – alla parola
islam, certo romperebbe un tabù e smaschererebbe la contraddizione della
costruzione ideologica stessa. Ma sarebbe ancora una mistificazione. Un
dibattito serio e un’analisi sensata dovrebbero semplicemente bandire termini
come “omofobia”, “islamofobia” e “xenofobia”. Nel caso degli ebrei,
giustamente, non è stato mai usato il termine “giudeofobia”. Queste parole si
richiamano a una psicologia a buon mercato e possono stare sulla bocca soltanto
di psicologi della domenica, o del lunedi, non su quella di persone che
vogliono seriamente capire fenomeni così importanti e gravi. L’assunto, assai
rozzo, è infatti che gli omosessuali sarebbero presi di mira da chi ha paura
dell’omosessualità, o meglio, della loro trasgressiva libertà, e magari ha
paura della propria omosessualità “latente”, se non addirittura della
sessualità “tout court”! Bisognerebbe, invece, affermare una verità molto più
semplice, meno contorta, meno dipendente da elucubrazioni mentali: gli
islamisti, che ne abbiano o meno paura, che siano o meno sessualmente repressi
e magari latentemente omosessuali, i gay li uccidono in quanto gay (mentre gli
omofobi o presunti tali dell’occidente i gay non li uccidono, ma al massimo sfilano
pacificamente al family day); uccidono i gay, sulla base della loro ideologia
religiosa, non per presunta paura. E allo stesso modo, uccidono i cristiani in
quanto cristiani e gli ebrei in quanto ebrei. E allo stesso modo, discriminano,
maltrattano, molestano, violentano e schiavizzano le donne in quanto donne. Fanno
tutto ciò, sulla base di una ideologia religiosa, che non è limitata a pochi
fanatici, ma ha larga e crescente diffusione, soprattutto fra coloro che non
commettono materialmente le stragi, ma costituiscono l’acqua in cui nuotano i
pesci, ossia i terroristi.
I reticenti, i giustificazionisti
occidentali e tutti quelli secondo cui “l’islam non c’entra, l’islam è religione
di pace”, tutti quelli che rifiutano di porsi il problema islam – che evidentemente
non significa affatto considerare tutti gli islamici potenziali terroristi, ma
cancellare quelle mistificazioni che di fatto impediscono anche ai tanti
milioni di islamici pacifici di far sentire la loro voce e di isolare gli
islamisti radicali – devono essere finalmente smascherati e, di fronte al
sangue delle vittime, devono essere inchiodati alle loro responsabilità morali:
sono loro i ‘complici’, non i presunti omofobi, misogeni, islamofobi. ‘Complici’.
Come quelli che tacevano di fronte alla barbarie nazifascista, o dicevano
parole reticenti, o parlavano d’altro.
Ed è tempo di tener
conto di questo, innanzitutto nelle proprie scelte politiche e anche
specificamente elettorali, anche se questo dovesse portare a posizioni scomode
e difficili da assumere, dato il proprio retroterra politico, culturale e
perfino esistenziale.
Se fossi cittadino
americano, ad esempio, a novembre dovrei votare Trump e non Hillary Clinton,
sebbene Trump sia lontanissimo dal mio modo di pensare, di vivere e anche di
parlare e mi provochi un fastidio finanche estetico. Ma non è ‘complice’ dei
barbari. La Clinton, invece, che continua a dire che l’islam non ha niente a
che fare con il terrorismo e che il problema è l’islamofobia, ‘complice’ lo è.
Esattamente come Obama, che con la sua scellerata politica è stato l’apprendista
stregone che ha scatenato le potenze di morte che sono all’opera in Medio
Oriente e nel mondo intero.
Un analogo ragionamento
bisognerà fare in Italia, a suo tempo. E a chi si scandalizzerà per quelle che
dovessero essere le mie scelte elettorali, rispondo fin da ora: “Scandalizzati
di te stesso, se voti per i ‘complici’ dei nuovi nazisti, rendendoti ‘complice’
a tua volta”.
Nei tempi difficili,
occorre coraggio. Occorre opporre al barbaro coraggio dei terroristi islamici,
il coraggio civile delle proprie scelte di cittadini liberi, che vogliono
difendere ad ogni costo una libertà così faticosamente conquistata.
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