Non voto in nessuna
delle città interessate dai ballottaggi, ma non mi sottraggo al gioco del “chi
voterei” e non rinuncio al piacere di sconcertare un po’ di persone,
preferibilmente appartenenti a due categorie: quelli che criticano le scelte elettorali altrui,
senza mai dichiarare le proprie; e quelli che hanno con i partiti e movimenti
politici un rapporto simile a quello dei tifosi con la propria “squadra del
cuore” e con le odiatissime squadre rivali. Per quanto mi riguarda, la mia
squadra del cuore, da 50 anni, è la Juventus e le squadre più odiate sono l’Inter,
il Napoli, la Roma, il Torino…. Nessuna di queste squadre è candidato-sindaco,
per cui posso cercare di ragionare…
ROMA: ASTENSIONE
Non è affatto il
ballottaggio più importante, ma è, inevitabilmente, quello di cui più si parla,
non tanto perché si tratta della città capitale, ma per le ben note vicende di “Mafia
Capitale” e dell’ex sindaco Marino. Proprio queste vicende dovrebbero indurre
qualunque cittadino di buon senso a non votare candidati che siano espressione
delle forze che hanno avuto dirette responsabilità nelle passate
amministrazioni e a scegliere candidati espressione di forze che invece da
queste responsabilità siano rimaste esenti. Se non che, il M5S si presenta con
una candidata sindaco – la Raggi – che ad ogni uscita televisiva mi ha fatto un’impressione
francamente penosa. Qui c’è un problema di fondo, che va ben oltre il caso
Roma: il M5S non può pensare di continuare ad affrontare in modo così naif, con
una simile sconcertante approssimazione, il cruciale problema della selezione
della propria classe politica e amministrativa. Non è affatto vero che
qualunque cittadino possa ricoprire qualunque incarico e che l’onestà sia l’unico
requisito richiesto! Uno non vale uno! Competenza, attitudini, percorsi
formativi, esperienze pregresse contano e come! Un onesto incapace può fare
molti più danni a una collettività di un corrotto competente…
La Raggi, peraltro, è
sostenuta da un’onda emotiva che poco ha a che fare con la sacrosanta indignazione
per gli scandali e per il fatto che non esista in Europa capitale peggio
amministrata di Roma, ma che ha assunto connotati di becero qualunquismo a dir
poco inquietanti.
Giachetti è
sicuramente molto più competente della Raggi. Ha anche fama di personale
rettitudine e certamente non è mai stato coinvolto in nessuno scandalo (ma su
questo bisognerebbe ricordarsi sempre del precedente di Marino…). Tuttavia,
votare a Roma per il candidato espressione del PD, dopo tutto quello che è
successo, mi pare davvero espressione di irresponsabilità civica.
Io avrei preferito la
Meloni e, fossi stato residente a Roma, l’avrei votata sia contro Giachetti che
contro Raggi. Mi pare quasi di vedere la faccia scandalizzata di qualcuno. Al
quale qualcuno vorrei solo ricordare che, quando entrambi eravamo più giovani,
io e la Meloni abbiamo militato su fronti opposti e non precisamente
amici. Il fatto che ora potrei arrivare
a votarla non è certo dovuto alla “caduta delle ideologie” – alle quali ero
assai poco sensibile anche allora – né ad una pacificazione “buonista”, ma a ben
altro. Delle due l’una: o un grave problema ce l’ho io, o un grave problema ce
l’ha ciò che ancora si definisce “sinistra”. Mi rimetto serenamente al giudizio
del lettore che non abbia pregiudizi…
In tali condizioni,
comunque, a Roma non resta che l’astensione, con la sconsolata certezza che
comunque vada sarà un disastro.
MILANO: PARISI
E’ questo l’unico
ballottaggio che abbia veramente un significato politico nazionale e che possa
incidere sugli equilibri politici generali.
Voterei Parisi al
101%. Non è affatto vero che i due candidati siano eguali, come affermano
quelli che da anni a Milano votano per Basilio Rizzo, ormai divenuto la
perfetta espressione di una sinistra radicale mummificata e comunque incapace
di andare oltre il 3-4% (come confermano i casi di Airaudo a Torino e Fassina a
Roma), nonostante Renzi non sia “di sinistra”, nonostante il PD e i suoi candidati
non siano “di sinistra”. Il che conferma che, se questo è vero, non induce
affatto gli elettori a votare per i candidati della sinistra “pura e dura” e
che, piaccia o non piaccia, quel fantomatico enorme spazio a sinistra del PD
non c’è affatto. Sarebbe bene prenderne atto, una buona volta.
I due candidati non
sono eguali. E’ vero che sono entrambi dei manager, ma la differenza essenziale
è che Sala è l’uomo dell’Expo immediatamente riciclato come candidato sindaco.
Come se una grande e controversa impresa commerciale e l’amministrazione di un
Comune fossero la stessa cosa. Sala, inoltre, è l’unico fra i diversi candidati
sindaco del PD che può essere considerato diretta espressione di Renzi. La sua
vittoria o la sua sconfitta sono la vittoria o la sconfitta di Renzi, il che
invece non si può dire né per Fassino, né per Giachetti. Parisi è l’espressione
di un centro-destra non solo unito, ma liberale e presentabile. L’Italia ha
assoluto bisogno di un polo moderato di questo tipo e ciò dovrebbero essere
negli auspici di tutti quelli che hanno a cuore la salute della nostra
democrazia e non solo degli elettori del centro-destra. Mentre Parisi, infine,
ha preso posizioni nette sulle questioni del pericolo jihadista e dell’antisemitismo
islamico (e non islamico), Sala ha candidato un’esponente islamica, che si
dichiara “moderata”, ma la cui organizzazione ha stretti rapporti con i
Fratelli musulmani, e che ha familiari – la madre, il marito – che sul web
inneggiano ad Hamas e alla distruzione di Israele. La suddetta candidata,
rigorosamente “velata”, ha anche raccolto un buon numero di preferenze. Qui si
intravede il profilo inquietante di certo filo islamismo e di certe denunce
dell’”islamofobia” da parte di determinate forze politiche e candidati, che,
mossi da convenienze elettorali, cavalcano una tigre che può divenire sempre
più pericolosa. La differenza fra Sala e Parisi è quindi inequivocabile, dato
che il primo a differenza del secondo si presenta come fautore di un progetto multiculturalista
che è solo mistificazione ideologica e
che, a parte il pericolo di infiltrazioni jihadiste, mette a repentaglio
principi e valori fondanti della nostra civiltà.
TORINO: FASSINO
Bisogna riconoscere
all’Appendino una stoffa politica ben diversa da quella della Raggi.
Probabilmente non sarebbe affatto un cattivo sindaco. Quel che è certo, però, è
che un cattivo sindaco non è stato Fassino, a meno che non gli si voglia
imputare una sofferenza sociale che è conseguenza di una crisi economica che ha
colpito in modo particolarmente duro certi settori dell’economia torinese. Un
sindaco ha poteri e risorse limitati per fronteggiare queste situazioni. Torino,
fra le grandi città italiane, è però senza ombra di dubbio quella meglio
governata e non si vedono francamente ragionevoli motivi per “sfiduciare”
Fassino o per evocare l’esigenza di un “cambiamento” se non si interpreta il
voto amministrativo come non lo si deve interpretare, e cioè come una partita
fra il PD e il M5S e come un semplice preliminare delle prossime politiche.
BOLOGNA: BORGONZONI
Per Bologna, vale il
discorso precisamente opposto a quello di Torino: se la qualità urbana di quest’ultima
è progressivamente migliorata, a parte i contraccolpi della crisi, quella di
Bologna è costantemente peggiorata negli ultimi venti anni e quindi già prima
del 2007-2008. L’esigenza di un cambiamento qui c’è. Ma a parte ogni altra
considerazione, se io fossi residente a Bologna voterei la candidata della Lega
anche per un solo motivo: perché è davvero indecente che ogni volta che il
segretario di questo partito si reca a Bologna per tenervi una manifestazione,
come è suo sacrosanto diritto ed è soprattutto diritto dei sostenitori della Lega
e di qualunque cittadino voglia ascoltare e partecipare, vi siano i cosiddetti
centri sociali che inscenano una gazzarra di pura marca squadristica per
impedirgli di parlare. Il diritto alla parola e l’indignazione quando esso
viene conculcato, vale per tutti, che si chiamino Salvini o “Radio Alice”.
NAPOLI: LETTIERI.
Lettieri al 102%. Non
per Lettieri in sé, ma per De Magistris, una miscela esplosiva dei vecchi
rigurgiti reazionari con le scemenze ideologiche e le intolleranze squadristiche
della sinistra radicale. Sono i primi, comunque, che connotano il personaggio:
un giustizialismo che è la versione aggiornata del vecchio qualunquismo di
Guglielmo Giannini. Un rivendicazionismo sudista e strumentalmente
antigovernativo, che ha una antica e non nobile tradizione, a partire dal
Mattino di Scarfoglio per arrivare ad Achille Lauro. Un atteggiamento da “re di
Napoli” , un accentramento decisionista, un culto della propria immagine che
assecondano l’atavico e mai vinto sentimento monarchico di molti napoletani. Oltre a questo, De Magistris vezzeggia e
asseconda le peggiori tendenze della sinistra radicale e dei centri sociali e
se Sala a Milano ha una sola candidata filo-Hamas – anzi con dei familiari
filo-Hamas – De Magistris, pescando nell’area suddetta dei centri sociali, ne
presenta un piccolo campionario. Del resto il gratuito “facimmo ammuina” e il
sostanziale squadrismo negli atteggiamenti assunti verso gli antagonisti
politici, creano una sostanziale
sintonia fra il candidato sindaco e questi gruppi dell’estrema sinistra.
Tutta la carriera
pubblica di De Magistris appare una grande costruzione mistificante. Da
magistrato ha vestito i panni del paladino della lotta alla corruzione politica
perseguitato dai “poteri forti”. Se non che, tutte le sue inchieste sono finite
in una bolla di sapone e non si è mai capito quali poteri forti lo abbiano poi
osteggiato. Da sindaco si è preso il merito di aver liberato Napoli dai
rifiuti: è questo l’unica argomento che sono riuscito a strappare dalla bocca
dei suoi non pochi sostenitori, quando ho chiesto ragione di questa loro esaltazione
agiografica di “Giggino”. I meglio informati sanno, però, che De Magistris si
giovò di misure che erano state prese dall’amministrazione precedente. Dai
rifiuti sono poi stati liberati solo alcuni quartieri e certe strade-vetrina e,
comunque, sapendo come funzionano le cose nel ciclo dei rifiuti in Campania, se
davvero ci fosse stata questa repentina scomparsa dei rifiuti urbani, il
miracolo avrebbe connotati inquietanti e bisognerebbe supporre un concorso di ben
note potenze “demoniache”…
Infine, ciò che
colpisce nella vicenda delle elezioni napoletane è che De Magistris sia subito
apparso come predestinato alla vittoria. Il M5S candida un improbabile signor
Brambilla. Il centro-destra non trova di meglio che ricorrere al perdente dell’altra
volta. Pare proprio che De Magistris “debba” vincere. Un’altra ragione per
votare Lettieri.
Certo di aver
scontentato e anche scandalizzato tanti fra i pochi che mi leggeranno, aspetto,
senza ansia alcuna, l’esito del voto!
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