sabato 18 giugno 2016

CHI VOTEREI AI BALLOTTAGGI...

Non voto in nessuna delle città interessate dai ballottaggi, ma non mi sottraggo al gioco del “chi voterei” e non rinuncio al piacere di sconcertare un po’ di persone, preferibilmente appartenenti a due categorie:  quelli che criticano le scelte elettorali altrui, senza mai dichiarare le proprie; e quelli che hanno con i partiti e movimenti politici un rapporto simile a quello dei tifosi con la propria “squadra del cuore” e con le odiatissime squadre rivali. Per quanto mi riguarda, la mia squadra del cuore, da 50 anni, è la Juventus e le squadre più odiate sono l’Inter, il Napoli, la Roma, il Torino…. Nessuna di queste squadre è candidato-sindaco, per cui posso cercare di ragionare…

ROMA: ASTENSIONE
Non è affatto il ballottaggio più importante, ma è, inevitabilmente, quello di cui più si parla, non tanto perché si tratta della città capitale, ma per le ben note vicende di “Mafia Capitale” e dell’ex sindaco Marino. Proprio queste vicende dovrebbero indurre qualunque cittadino di buon senso a non votare candidati che siano espressione delle forze che hanno avuto dirette responsabilità nelle passate amministrazioni e a scegliere candidati espressione di forze che invece da queste responsabilità siano rimaste esenti. Se non che, il M5S si presenta con una candidata sindaco – la Raggi – che ad ogni uscita televisiva mi ha fatto un’impressione francamente penosa. Qui c’è un problema di fondo, che va ben oltre il caso Roma: il M5S non può pensare di continuare ad affrontare in modo così naif, con una simile sconcertante approssimazione, il cruciale problema della selezione della propria classe politica e amministrativa. Non è affatto vero che qualunque cittadino possa ricoprire qualunque incarico e che l’onestà sia l’unico requisito richiesto! Uno non vale uno! Competenza, attitudini, percorsi formativi, esperienze pregresse contano e come! Un onesto incapace può fare molti più danni a una collettività di un corrotto competente…
La Raggi, peraltro, è sostenuta da un’onda emotiva che poco ha a che fare con la sacrosanta indignazione per gli scandali e per il fatto che non esista in Europa capitale peggio amministrata di Roma, ma che ha assunto connotati di becero qualunquismo a dir poco inquietanti.
Giachetti è sicuramente molto più competente della Raggi. Ha anche fama di personale rettitudine e certamente non è mai stato coinvolto in nessuno scandalo (ma su questo bisognerebbe ricordarsi sempre del precedente di Marino…). Tuttavia, votare a Roma per il candidato espressione del PD, dopo tutto quello che è successo, mi pare davvero espressione di irresponsabilità civica.
Io avrei preferito la Meloni e, fossi stato residente a Roma, l’avrei votata sia contro Giachetti che contro Raggi. Mi pare quasi di vedere la faccia scandalizzata di qualcuno. Al quale qualcuno vorrei solo ricordare che, quando entrambi eravamo più giovani, io e la Meloni abbiamo militato su fronti opposti e non precisamente amici.  Il fatto che ora potrei arrivare a votarla non è certo dovuto alla “caduta delle ideologie” – alle quali ero assai poco sensibile anche allora – né ad una pacificazione “buonista”, ma a ben altro. Delle due l’una: o un grave problema ce l’ho io, o un grave problema ce l’ha ciò che ancora si definisce “sinistra”. Mi rimetto serenamente al giudizio del lettore che non abbia pregiudizi…
In tali condizioni, comunque, a Roma non resta che l’astensione, con la sconsolata certezza che comunque vada sarà un disastro.


MILANO: PARISI
E’ questo l’unico ballottaggio che abbia veramente un significato politico nazionale e che possa incidere sugli equilibri politici generali.
Voterei Parisi al 101%. Non è affatto vero che i due candidati siano eguali, come affermano quelli che da anni a Milano votano per Basilio Rizzo, ormai divenuto la perfetta espressione di una sinistra radicale mummificata e comunque incapace di andare oltre il 3-4% (come confermano i casi di Airaudo a Torino e Fassina a Roma), nonostante Renzi non sia “di sinistra”, nonostante il PD e i suoi candidati non siano “di sinistra”. Il che conferma che, se questo è vero, non induce affatto gli elettori a votare per i candidati della sinistra “pura e dura” e che, piaccia o non piaccia, quel fantomatico enorme spazio a sinistra del PD non c’è affatto. Sarebbe bene prenderne atto, una buona volta.
I due candidati non sono eguali. E’ vero che sono entrambi dei manager, ma la differenza essenziale è che Sala è l’uomo dell’Expo immediatamente riciclato come candidato sindaco. Come se una grande e controversa impresa commerciale e l’amministrazione di un Comune fossero la stessa cosa. Sala, inoltre, è l’unico fra i diversi candidati sindaco del PD che può essere considerato diretta espressione di Renzi. La sua vittoria o la sua sconfitta sono la vittoria o la sconfitta di Renzi, il che invece non si può dire né per Fassino, né per Giachetti. Parisi è l’espressione di un centro-destra non solo unito, ma liberale e presentabile. L’Italia ha assoluto bisogno di un polo moderato di questo tipo e ciò dovrebbero essere negli auspici di tutti quelli che hanno a cuore la salute della nostra democrazia e non solo degli elettori del centro-destra. Mentre Parisi, infine, ha preso posizioni nette sulle questioni del pericolo jihadista e dell’antisemitismo islamico (e non islamico), Sala ha candidato un’esponente islamica, che si dichiara “moderata”, ma la cui organizzazione ha stretti rapporti con i Fratelli musulmani, e che ha familiari – la madre, il marito – che sul web inneggiano ad Hamas e alla distruzione di Israele. La suddetta candidata, rigorosamente “velata”, ha anche raccolto un buon numero di preferenze. Qui si intravede il profilo inquietante di certo filo islamismo e di certe denunce dell’”islamofobia” da parte di determinate forze politiche e candidati, che, mossi da convenienze elettorali, cavalcano una tigre che può divenire sempre più pericolosa. La differenza fra Sala e Parisi è quindi inequivocabile, dato che il primo a differenza del secondo si presenta come fautore di un progetto multiculturalista che è solo mistificazione ideologica  e che, a parte il pericolo di infiltrazioni jihadiste, mette a repentaglio principi e valori fondanti della nostra civiltà.

TORINO: FASSINO
Bisogna riconoscere all’Appendino una stoffa politica ben diversa da quella della Raggi. Probabilmente non sarebbe affatto un cattivo sindaco. Quel che è certo, però, è che un cattivo sindaco non è stato Fassino, a meno che non gli si voglia imputare una sofferenza sociale che è conseguenza di una crisi economica che ha colpito in modo particolarmente duro certi settori dell’economia torinese. Un sindaco ha poteri e risorse limitati per fronteggiare queste situazioni. Torino, fra le grandi città italiane, è però senza ombra di dubbio quella meglio governata e non si vedono francamente ragionevoli motivi per “sfiduciare” Fassino o per evocare l’esigenza di un “cambiamento” se non si interpreta il voto amministrativo come non lo si deve interpretare, e cioè come una partita fra il PD e il M5S e come un semplice preliminare delle prossime politiche.

BOLOGNA:  BORGONZONI
Per Bologna, vale il discorso precisamente opposto a quello di Torino: se la qualità urbana di quest’ultima è progressivamente migliorata, a parte i contraccolpi della crisi, quella di Bologna è costantemente peggiorata negli ultimi venti anni e quindi già prima del 2007-2008. L’esigenza di un cambiamento qui c’è. Ma a parte ogni altra considerazione, se io fossi residente a Bologna voterei la candidata della Lega anche per un solo motivo: perché è davvero indecente che ogni volta che il segretario di questo partito si reca a Bologna per tenervi una manifestazione, come è suo sacrosanto diritto ed è soprattutto diritto dei sostenitori della Lega e di qualunque cittadino voglia ascoltare e partecipare, vi siano i cosiddetti centri sociali che inscenano una gazzarra di pura marca squadristica per impedirgli di parlare. Il diritto alla parola e l’indignazione quando esso viene conculcato, vale per tutti, che si chiamino Salvini o “Radio Alice”.

NAPOLI: LETTIERI.
Lettieri al 102%. Non per Lettieri in sé, ma per De Magistris, una miscela esplosiva dei vecchi rigurgiti reazionari con le scemenze ideologiche e le intolleranze squadristiche della sinistra radicale. Sono i primi, comunque, che connotano il personaggio: un giustizialismo che è la versione aggiornata del vecchio qualunquismo di Guglielmo Giannini. Un rivendicazionismo sudista e strumentalmente antigovernativo, che ha una antica e non nobile tradizione, a partire dal Mattino di Scarfoglio per arrivare ad Achille Lauro. Un atteggiamento da “re di Napoli” , un accentramento decisionista, un culto della propria immagine che assecondano l’atavico e mai vinto sentimento monarchico di molti napoletani.  Oltre a questo, De Magistris vezzeggia e asseconda le peggiori tendenze della sinistra radicale e dei centri sociali e se Sala a Milano ha una sola candidata filo-Hamas – anzi con dei familiari filo-Hamas – De Magistris, pescando nell’area suddetta dei centri sociali, ne presenta un piccolo campionario. Del resto il gratuito “facimmo ammuina” e il sostanziale squadrismo negli atteggiamenti assunti verso gli antagonisti politici,  creano una sostanziale sintonia fra il candidato sindaco e questi gruppi dell’estrema sinistra.
Tutta la carriera pubblica di De Magistris appare una grande costruzione mistificante. Da magistrato ha vestito i panni del paladino della lotta alla corruzione politica perseguitato dai “poteri forti”. Se non che, tutte le sue inchieste sono finite in una bolla di sapone e non si è mai capito quali poteri forti lo abbiano poi osteggiato. Da sindaco si è preso il merito di aver liberato Napoli dai rifiuti: è questo l’unica argomento che sono riuscito a strappare dalla bocca dei suoi non pochi sostenitori, quando ho chiesto ragione di questa loro esaltazione agiografica di “Giggino”. I meglio informati sanno, però, che De Magistris si giovò di misure che erano state prese dall’amministrazione precedente. Dai rifiuti sono poi stati liberati solo alcuni quartieri e certe strade-vetrina e, comunque, sapendo come funzionano le cose nel ciclo dei rifiuti in Campania, se davvero ci fosse stata questa repentina scomparsa dei rifiuti urbani, il miracolo avrebbe connotati inquietanti e bisognerebbe supporre un concorso di ben note potenze “demoniache”…
Infine, ciò che colpisce nella vicenda delle elezioni napoletane è che De Magistris sia subito apparso come predestinato alla vittoria. Il M5S candida un improbabile signor Brambilla. Il centro-destra non trova di meglio che ricorrere al perdente dell’altra volta. Pare proprio che De Magistris “debba” vincere. Un’altra ragione per votare Lettieri.
Certo di aver scontentato e anche scandalizzato tanti fra i pochi che mi leggeranno, aspetto, senza ansia alcuna, l’esito del voto!

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